Dermatite nodulare bovina, allarme tra gli allevatori della Bassa: «Rischio blocco della zootecnia»

Cresce l'emergenza per la Lumpy Skin Disease. Restrizioni e difficoltà per gli allevatori veneti, Confagricoltura e Coldiretti chiedono vaccini rapidi, aiuti economici e trasparenza. «Le aziende non possono pagare da sole il prezzo di una crisi come questa»

Alessandro Cesarato
Dermatite nodulare bovina, allarme tra gli allevatori veneti: "Rischio blocco della zootecnia"
Dermatite nodulare bovina, allarme tra gli allevatori veneti: "Rischio blocco della zootecnia"

Cresce la preoccupazione tra gli allevatori padovani per l’avanzata della Lumpy Skin Disease (Lsd), la dermatite nodulare contagiosa che sta colpendo gli allevamenti bovini italiani, dopo i primi focolai registrati in Sardegna e il recente caso a Porto Mantovano.

Si tratta di una malattia virale trasmessa da insetti come mosche, zecche e zanzare (ma anche per contatto diretto tra animali infetti e sani), può avere effetti devastanti sulla salute del bestiame e sull’economia delle aziende zootecniche. Non colpisce l’uomo, né direttamente né attraverso il consumo di carne o latte. Questo non rende tuttavia meno grave il fenomeno, anche e soprattutto a livello economico.

La provincia di Padova, insieme a Vicenza, Verona e Rovigo, è stata inserita dal Ministero della Salute tra le zone di sorveglianza. Qui si applicano restrizioni alla movimentazione di animali e prodotti, misure già in vigore che stanno provocando difficoltà crescenti, specie nell’ovest della Bassa padovana. «La situazione è allarmante» spiega Michele Barbetta, presidente di Confagricoltura Padova «con le restrizioni alla movimentazione degli animali stanno paralizzando l’attività di molte stalle da carne. In diversi casi, gli allevatori non riescono a immettere nuovi capi, con il rischio concreto di un blocco completo del ciclo produttivo».

Anche l’Alta padovana guarda con apprensione all’evolversi dell’emergenza. In quest’area, con molti allevamenti da latte, l’estensione della zona di protezione aggraverebbe il quadro. «Se l’area venisse inclusa nei divieti» aggiunge Barbetta «il latte dovrebbe essere destinato solo alla pastorizzazione, rendendo logisticamente e commercialmente insostenibile la gestione delle produzioni e dei vitelli nati».

Sulla stessa linea Giancarlo Zanon, rappresentante del settore lattiero-caseario di Confagricoltura Padova: «Il comparto sta vivendo giorni di forte tensione. Le difficoltà di conferimento del latte crudo, specie per i prodotti freschi, mettono a rischio l’intera filiera. Molti caseifici non riescono a ricevere il latte, se non destinato alla lunga stagionatura o trattato termicamente».

La speranza è ora affidata alla campagna vaccinale. Il piano del Ministero prevede l’immunizzazione di massa nelle aree a rischio, già avviata in Sardegna (con 300 mila capi da vaccinare) e in fase di organizzazione nel Nord. «È fondamentale» insiste Barbetta «che la somministrazione dei vaccini sia rapida e capillare, perché l’estate favorisce la proliferazione degli insetti vettori, aumentando il rischio di nuovi focolai».

Coldiretti Veneto, con le consulte Carne e Latte, ha incontrato i servizi veterinari regionali e l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie per aggiornamenti tecnici sulla malattia. Dall’incontro è emersa la disponibilità a collaborare per la gestione dell’emergenza, ma anche la necessità di scelte più bilanciate. «È importante contemperare esigenze sanitarie e sostenibilità economica» ribadisce Coldiretti «perché le imprese non possono pagare da sole il prezzo di una crisi che rischia di avere effetti strutturali su tutto il comparto zootecnico veneto».

Confagricoltura e Coldiretti chiedono alle autorità un’azione tempestiva, ristori per le aziende colpite, trasparenza e coinvolgimento degli operatori. —

 

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