«Canto le ballate del rovo e della rosa»

MESTRE. Il cantautore - menestrello Angelo Branduardi porta questa sera alle 21 al Toniolo di Mestre il suo “Camminando camminando Tour 2015”. «Sarà uno spettacolo» dice «diviso in due parti. La prima “La civiltà del tamburo” avrà un’intensità ritmica. La seconda parte “La cinta dell’anima” sarà legata alla musica più spirituale, nel tentativo di dimostrare che le due cose, musica con e senza sostegno ritmico, possono sembrare contrapposte ma in realtà perseguono lo stesso fine: l’estasi o la trans».
Che scaletta ha preparato?
«Ci saranno canzoni dell’ultimo disco, brani più vecchi e alcuni mai eseguiti dal vivo».
Pur essendo la sua musica molto delicata, lei ha sempre avuto batteristi molto energici. Come mai?
«Perché il batterista deve avere la “pezza”. La “pezza” è il suono, se non c’è, è meglio non usare la batteria. Nel secondo tempo del concerto però la batteria verrà usata anche in tutt’altra maniera. Così, ci si accorgerà che ora la utilizzo anche in altro modo ma nel primo set avrà la sua voce».
Il suo ultimo disco “Il rovo e la rosa” è dedicato alle “Child Ballads”, l’opera del filologo ottocentesco Francis J. Child che raccoglie 305 brani del folklore inglese e scozzese. Come ha scelto i brani da registrare?
«Ho scelto i più fruibili e i più belli, che poi sono tutti dei capolavori. Alcune delle “Child Ballads” però sono solo frammenti, nemmeno molto ascoltabili».
Le traduzioni dei testi sono di sua moglie Luis Zappa. Ha trovato difficoltà a mantenere la metrica passando dall’inglese all’italiano?
«Lei è abituata, ha fatto nel 1986 le traduzioni del disco “Branduardi canta Yeats”, un lavoro ancora più complesso. Quella volta addirittura è stato necessario il nullaosta di Michael Yates, figlio del grande poeta irlandese che aveva rifiutato a Van Morrison il permesso di pubblicare un disco che aveva già finito, mettendo in musica le liriche del poeta. Il figlio di William Butler Yeats, che parlava in italiano, ogni volta che gli mandavo un brano, ascoltava i testi e la musica e mi diceva: “Ok, vai avanti”. A Van Morrison, invece, ha negato il permesso e così ha dovuto buttare un disco al macero».
Con “Il rovo e la rosa” ha offerto un tributo a un suo grande amore di sempre?
«Sì, tenendo conto però che sono molte le mie passioni eterne e che naturalmente il caposaldo delle mie ispirazioni è nella musica classica, con cui sono stato allevato dall’età di cinque anni».
È da anni che è fuori catalogo il suo splendido album “Concerto” del 1980. Perché non ne fa una riedizione?
«Purtroppo io non sono responsabile di questa cosa. Ho chiesto ma “la casa discografica adiacente”, come diceva Jannacci, non ha ritenuto opportuna per il momento la ripubblicazione di “Concerto”. C’è anche un film di quel tour e i diritti sono stati acquisiti mi pare dalla Rai».
Lei ha avuto collaborazioni eccellenti. Oggi con quale artista internazionale le piacerebbe collaborare?
«Sicuramente Cat Stevens che è il mio preferito, ma c’è in piedi un progetto con un artista internazionale di grande fama - anzi due - però non sono autorizzato a farne i nomi. È un lavoro che si farà l’anno prossimo».
Uno dei due è Ritchie Blackmore, storico chitarrista dei Deep Purple?
«No, sono due artisti stranieri, di diversa nazionalità, un uomo e una donna, di più non posso dire».
Biglietti 30 e 40 euro, al botteghino del Toniolo e online: vivaticket.it e ticketone.it.
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