Carabiniere condannato a pagare un risarcimento

Il pomeriggio del 17 agosto 1992 una pattuglia di carabinieri era intervenuta per sedare degli schiamazzi provocati da un gruppo di ragazzi in motorino. Tra loro M.P., minorenne, che era stato percosso tanto da incassare un violento calcio nelle parti intime. Calcio che aveva provocato un’infiammazione al testicolo destro con indebolimento permanente dell’organo della procreazione. A distanza di 22 anni, la Corte dei Conti del Veneto ha condannato il carabiniere Giampietro Finco, oggi 48 anni di Sirmione, a pagare 63.968,99 euro al Ministero dell’Interno, oltre agli interessi. Ministero che, con una transazione siglata il 27 giugno 2006, aveva risarcito il danno subito dal ragazzo, ormai diventato un uomo, secondo quanto già indicato in primo grado dal tribunale di Padova il 24 aprile 1996. Tribunale che aveva condannato per concorso in percosse i due militari: oltre a Finco, il carabiniere-autista che aveva materialmente sferrato la pedata (8 mesi e 10 giorni), anche l’appuntato Alessandro Sgarbossa, oggi 53enne di Tezze sul Brenta, in quanto capo-pattuglia (400 mila lire). E aveva stabilito un risarcimento di 100 milioni a carico di Finco e di un milione a carico di Sgarbossa. Il 27 marzo 2001 la Corte d’appello aveva parzialmente riformato la sentenza, dichiarando il non doversi procedere per intervenuta prescrizione, pur confermando la decisione di primo grado sotto il profilo civilistico. La parte civile (la vittima) è passata all’incasso, notificando ai due l’atto di precetto. Tuttavia, mentre Sgarbossa ha pagato a rate il suo debito, Finco non ha mai messo mano al portafoglio. Così il giovane si è rivolto al Ministero dell’Interno che, anni dopo, ha saldato il risarcimento per un totale di 63.968,99 euro tra somma capitale e interessi. Perché il Ministero ha anticipato la somma? In base al principio che «la Pubblica amministrazione è responsabile per i fatti illeciti commessi dai dipendenti in virtù del rapporto organico che immedesima l’attività di questi con quella dell’ente pubblico». Insomma l’amministrazione non poteva sottrarsi alle intimazioni, salvo poi rifarsi sul carabiniere inadempiente. Così il caso è stato trasmesso alla procura della Corte dei conti del Veneto che ha concluso reclamando un giudizio di responsabilità per entrambi i carabinieri. La Corte dei conti è stata di avviso diverso. E ha assolto Sgarbossa, che aveva già pagato il debito e addirittura le spese giudiziali pure a carico del collega. Finco, invece, è stato condannato al pagamento dei 63.968,99 euro a favore del Ministero.
Cristina Genesin
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