Carmela Remigio: «Il canto nel mio destino»

La chiamano “Madame Mozart”, è la Donna Anna più richiesta al mondo. Da stasera alla Fenice è Suzel in “L’amico Fritz”
Di Anna Sandri

di Anna Sandri

A passeggio tra le calli di Venezia, dove ormai si sente di casa e di cui conosce ogni scorciatoia, “Madame Mozart” è una ragazza dietro la quale non si intuisce la diva. Sfoglia la sua vita come un percorso del destino, non è il tipo che si fa bella per le sue straordinarie doti di soprano - che l’hanno fatta scegliere da Claudio Abbado quando aveva appena vent’anni - o i sacrifici - che la tengono lontana dal marito e da casa per mesi interi ogni anno, o per l’intelligenza acuta che le ha permesso di fare dei suoi personaggi caratteri scolpiti e indimenticabili.

Carmela Remigio è uno dei vanti mondiali della cultura e del belcanto italiani; acclamata nei più grandi teatri, sarà da questa sera e fino al 4 giugno con “L’amico Fritz” di Pietro Mascagni sul palcoscenico della Fenice, diretta da Fabrizio Maria Carminati e con la regia di Simona Marchini. È il teatro nel quale (assieme al Donizettti di Bergamo con “Anna Bolena”) ha conquistato grazie alla sua interpretazione in “Alceste” il Premio Abbiati 2016. Se la chiamano “Madame Mozart”, una ragione c’è: per più di 350 volte è stata Donna Anna in “Don Giovanni” e, «per non farmi mancare niente», ha vestito in innumerevoli recite anche i panni di Donna Elvira.

Un talento come il suo fa pensare a una figlia d’arte.

«Semmai sorella. Sono figlia di una sarta e di un operaio. Mio fratello Davide, che ha dieci anni più di me, suonava il violino. Sono cresciuta ascoltando lui, che oggi fa il compositore. Io, a cinque anni, ho ricevuto il mio primo violino».

Grande passione?

«Andavo al conservatorio, ma conciliare musica e scuola non era facile. A 13, 14 anni hai voglia anche di altro. I miei genitori mi hanno chiesto di scegliere: la scuola, o il conservatorio. E la musica mi piaceva più della scuola».

Solo per questo?

«A casa mia una regola è sempre stata insindacabile: fai una cosa sola, ma falla bene. Così mi sono messa a studiare per diventare violinista. Vita da conservatorio: tanto esercizio, i primi ensemble. Il violino mi incantava: il suo suono è una voce».

E il canto?

«Avevo 15 anni quando il mio insegnante mi ha detto “prendi qualche lezione, ti aiuterà a seguire meglio la voce del violino” Lezioni private, una al mese perché erano anche costose. Ma il mio insegnante era Aldo Protti».

Lei a 15 anni prendeva una lezione al mese e a 18 ha vinto il premio Pavarotti?

«La cosa incredibile è che mi sentivo ancora violinista dentro. Però mi sono perfezionata con Leone Magiera. La mia vita è cambiata, il destino mi ha portato da tutt’altra parte».

Il pubblico applaude la sua voce, il suo talento. Non è solo destino.

«Se c’è una cosa di cui vado fiera, è la motivazione per cui ho ricevuto il Premio Abbiati: la cura della parola. Perché noi siamo cantanti: ma prima c’è il teatro, poi la musica. La voce è l’ultima cosa, discende da queste e le lega insieme».

Una visione insolita.

«Ho avuto uno straordinario privilegio: a vent’anni sono stata chiamata ad Aix-en-Provence per il “Don Giovanni” di Abbado con Peter Brook, il più grande maestro possibile: il primo giorno, via tacchi e abitini, sul palco in tuta, per imparare a usare il corpo».

Lei è una Donna Anna senza rivali.

«La conosco bene. Infida, ambigua, sostanzialmente falsa. Stava là con Don Giovanni quando è arrivato il Commendatore, e ha rivoltato la frittata: mi ha aggredita, mi ha insultata».

Insolito, se non azzardato.

«È nello spartito: note a serpentina. Il carattere dei personaggi sono scritti nelle note, sta a noi leggerle».

Donna Elvira?

«Un po’ stalker. Piomba su Don Giovanni a ogni occasione, lo accusa di tutto».

Ora Mascagni a Venezia.

«La Fenice è un teatro straordinario, che fa cose belle e coraggiose e mantiene un perfetto equilibrio con i titoli della tradizione. Sono sempre felice di tornare. Questo Mascagni è letto come una favola».

I suoi sogni?

«Uno si avvererà presto: sarò Donna Anna nel Don Giovanni in estate a Salisburgo. E a settembre, a Milano, avrò L’Incoronazione di Poppea. Sul lungo termine, invece, il ritorno alla mia terra, l’Abruzzo. Io sono di Pescara. Sogno una scuola di musica per i bambini e i ragazzi più difficili, quelli che vivono nei quartieri e nelle situazioni a margine. A chi sa capirla, la musica mostra la via del riscatto sociale».

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