Ci fu uno Schindler degli Armeni ecco la storia di Armin Wegner

VENEZIA. La delirante ideologia panturchista, i lager nel deserto di Der es Zor, il partito d'azione dei Giovani Turchi votato ad imporre l'omogeneità etnica e religiosa, tra negazionismi antistorici,...
Di Yamina Oudai Celso

VENEZIA. La delirante ideologia panturchista, i lager nel deserto di Der es Zor, il partito d'azione dei Giovani Turchi votato ad imporre l'omogeneità etnica e religiosa, tra negazionismi antistorici, confische e spoliazioni di beni: le analogie o le apparenti coincidenze tra il genocidio armeno ed il pangermanesimo nazista antisemita sono in effetti numerose ed allarmanti, quasi a codificare un'unica universale grammatica dell'orrore.

Ad assumersi il gravoso rischio di documentare i tragici eventi dell'Anatolia del 1915, sinistro presagio della successiva Shoah, fu il medico ed ufficiale tedesco Armin Wegner che, come una sorta di Oskar Schindler ante litteram, profuse ogni sforzo nel tentativo di arginare la barbarie turca e di renderla nota al mondo, contro la volontà dei propri stessi connazionali, rivolgendosi all'ambasciata americana di Costantinopoli e indirizzando una lettera aperta al presidente americano dell'epoca Woodrow Wilson.

Per celebrare e diffondere la sua testimonianza, una mostra fotografica itinerante è approdata a Venezia, a Ca' Zenobio, il 24 aprile, anniversario della strage armena, inaugurata dalla viva voce del figlio di Armin, ovvero Misha Wegner, accolto martedì pomeriggio dalla comunità dei padri mechitaristi di S. Lazzaro e dal direttore artistico Marco Agostinelli. Le aspre ed inequivocabili immagini di repertorio di Wegner, integrate da quelle della mostra collaterale della fotografa irlandese Helen Sheehan dedicata alle residue tracce contemporanee dell'antica presenza armena, squarciano il velo di un'omertà quasi più scandalosa degli stessi crimini da essa occultati. Grazie al sostegno di una Germania non solo negazionista ma anche collaborazionista, che in quegli anni li agevolò anche con la costruzione della ferrovia Berlino-Baghdad, i Turchi tentarono infatti di mascherare l'eccidio con la parvenza di una finta deportazione nel deserto.E a nulla sarebbe valso l'appello epistolare che nel '33 Armin Wegner – a sua volta poi imprigionato e torturato dalla Gestapo – rivolse addirittura ad Hitler in persona nella speranza di arrestare la susseguente follia nazista, incubo speculare che tuttora avvicina, soprattutto negli Stati Uniti e in Canada, le comunità armene e quelle ebraiche, unite nell'interminabile compito di sopravvivere e soprattutto ricordare.

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