Città della Speranza Padova, ecco chi paga: «Dagli affitti 800 mila euro l’anno»

Camporese: «Così riusciamo a coprire i costi di gestione della struttura. Per la Torre ancora 5 milioni di euro di debito»
LIVIERI-AGENZIA BIANCHI-PADOVA-CONFERENZA STAMPA TORRE CITTA' DELLA SPERANZA
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PADOVA.

“Tu sei buono e ti tirano le pietre. Sei cattivo e ti tirano le pietre. Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai, tu sempre pietre in faccia prenderai...”. Vengono in mente i versi della vecchia canzone di fronte alla reazione dell’amministratore delegato dell’Istituto di Ricerca Pediatrica Città della Speranza Andrea Camporese e di Franco Masello, entrambi consiglieri della Fondazione Città della Speranza di cui sono stati anche presidenti. «La verità» dicono, «è che si vuole cercare a tutti i costi il marcio, tanto più quando le cose vanno bene». Il nodo sono le critiche ricevute - stigmatizzate in una interrogazione presentata in Consiglio regionale da Piero Ruzzante - per aver preso in affitto, in qualità di soci di una azienda privata, uno spazio proprio all’interno degli edifici di pertinenza della Torre della Ricerca in corso Stati Uniti. Non c’è per caso un conflitto di interessi che mina l’operazione? Camporese e Masello si dicono quasi offesi dall’allusione. Che, secondo loro, proprio non sta in piedi.

LIVIERI-AGENZIA BIANCHI-PADOVA-CONFERENZA STAMPA TORRE CITTA' DELLA SPERANZA. CAMPORESE
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chi fa cosa

Chiarezza innanzitutto, premettono Camporese e Masello. «La Fondazione Città della Speranza è proprietaria della Torre che è costata 32 milioni di euro, di cui ne rimangono ancora 5 da pagare. La Fondazione ha ripreso la gestione della Torre che prima era stata affidata all’Istituto di Ricerca Pediatrica. Il mantenimento della Torre, dei suoi costi, è in capo alla Fondazione. Così, come succede in qualsiasi altra parte del mondo, gli spazi non utilizzati dall’Istituto di Ricerca Pediatrica sono stati affittati ad altre realtà, sempre impegnate nella ricerca, sia pubbliche che private. Con i soldi ricavati dalle locazioni si pagano i costi».

le cifre

La Torre ha dieci piani, cinque dei quali occupati dall’Istituto di Ricerca Pediatrica Città della Speranza, concessi in comodato d’uso gratuito all’Azienda ospedaliera e all’Università di Padova che vi hanno allestito i loro laboratori di ricerca. Negli altri piani ci sono altre società e laboratori di ricerca e lo Iov. Il capannone distaccato è occupato da altre due società di ricerca, di cui una, la Ecam Ricert, è quella di cui sono titolari Camporese e Masello. «Tutti paghiamo un canone di affitto» sottolinea l’ad dell’Istituto di Ricerca, «e prima di formalizzare ciascuna locazione è stato chiesto e ottenuto dalla Fondazione il via libera dal Consorzio Zip che a suo tempo ha ceduto l’area. Grazie agli affitti stipulati per spazi che sfiorano i quattromila metri quadrati, la Fondazione ricava in totale 503 mila euro. Risorse che contribuiscono a sostenere i costi di mantenimento dell’intera struttura, che ammontano a circa un milione l’anno» precisa Camporese, «gli spazi concessi allo Iov derivano da un accordo scientifico di collaborazione che prevede un rimborso dei costi vivi pari ad altri 120 mila euro annui. Questo meccanismo permette alla Torre di autofinanziarsi e garantisce che i fondi raccolti vengano destinati prioritariamente alla ricerca e non a pagare i costi della struttura». Oggi nella Torre di corso Stati Uniti lavorano 295 ricercatori, di cui 242 attivi con continuità.

LIVIERI-AGENZIA BIANCHI-PADOVA-CONFERENZA STAMPA TORRE CITTA' DELLA SPERANZA. VIOLA, CAMPORESE, MASSELLO
LIVIERI-AGENZIA BIANCHI-PADOVA-CONFERENZA STAMPA TORRE CITTA' DELLA SPERANZA. VIOLA, CAMPORESE, MASSELLO


conflitto di interessi?

L’indice, si diceva, è puntato sulla sede di Ecam Ricert in una porzione del capannone collegato alla Torre della Ricerca. «In origine quella struttura era da abbattere ma si decise di aspettare, perché avrebbe comunque comportato un esborso di denaro» spiega Masello, «poi nel 2014 ha chiesto parte di quello spazio la società Creiven, che per altro non si occupa di ricerca pediatrica. Nel 2015 la Regione Veneto per evitare il fallimento di Veneto Nanotech ha chiesto a Ecam Ricert se era interessata a lavorare sulla nano-medicina: come società affittammo un ramo d’azienda evitandone il fallimento e investendoci due milioni di euro. Nel 2017 si è conclusa la fase di acquisizione e siamo diventati proprietari di quella società confluita in Ecam Ricert. La sede da Rovigo l’abbiamo portata a Monte di Malo. Poi è emersa l’opportunità di spostarci a Padova: ci siamo fatti carico, come Ecam Ricert, della ristrutturazione del capannone, per 154 mila euro più Iva. E paghiamo l’affitto come tutti gli altri. L’operazione non è stata fatta di nascosto, ma alla luce del sole, approvata da 35 consiglieri della Fondazione Città della Speranza». «Quello che più dispiace» conclude Camporese, «è che queste calunnie e allusioni a irregolarità che non esistono fanno male alla Città della Speranza, invece è importante che le persone continuino a fidarsi e a sostenerla». Ma “la calunnia è un venticello” per dirla con il Barbiere di Siviglia... Si vedrà. —
 

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