Coppia di Goro indagata assieme don Bruscagin per l’omicidio Branchi

CORREZZOLA. Altre due persone sono state iscritte nel registro degli indagati per l’omicidio di Willy Branchi, ucciso trent’anni fa a Goro (Ferrara). Una morte che non ha ancora i nomi dei responsabili. A dover rispondere del reato di false informazioni sono il sarto Rodrigo Turolla e sua moglie Luisa Barini. Secondo l’accusa i due, che abitano nella via dove Willy fu preso e forse anche ucciso, hanno visto, sentito e molto probabilmente sanno chi ha commesso l’omicidio, ma hanno sempre tenuto le bocche chiuse.

Salgono così a cinque gli indagati più una sesta persona già imputata sempre con la stessa accusa, quella di false informazioni. Si tratta di don Tiziano Bruscagin (originario di Arre, che presta servizio come collaboratore parrocchiale a Villa del Bosco di Correzzola), Pierluigi Bordoni, Patrizio Mantovani, Rodrigo Turolla e sua moglie Luisa Barini. Già imputato invece Carlo Selvatici.

Le nuove indagini erano state ordinate a maggio dal Giudice per le indagini preliminari dopo che la famiglia di Branchi, difesa dall’avvocato Simone Bianchi, si era opposta alla richiesta di archiviazione della Procura. «Stiamo andando avanti» dice soddisfatto l’avvocato Bianchi «Le persone adesso indagate si erano avvalse della facoltà di non rispondere, hanno sempre detto di non aver visto e sentito niente quella notte, tanto che tutto era stato archiviato perché non si riusciva a proseguire. Per fortuna ci siamo opposti alla richiesta di archiviazione, dimostrando che invece le contraddizioni rispetto alla loro posizione c’erano e ci sono. È stato lo stesso don Tiziano a fare alcuni nomi, ed è sempre lui che ha dato indicazioni ben precise sulla morte di Willy. La verità sta venendo fuori, a fatica ma arriveremo fino in fondo».

Il sarto Rodrigo Turolla e sua moglie Luisa Barini abitavano e abitano nella stessa via dove la notte del 30 settembre del 1988 Willy Branchi, appena 18enne fu probabilmente ucciso o comunque dove si trovava in compagnia di colui o di coloro che gli avrebbero poi sparato con una pistola da macellaio. Il corpo del ragazzo fu trovato lungo l’argine del Po di Goro, nudo e con la testa fracassata. I due, interrogati, non hanno risposto ma su alcune contestazioni oggettive che ha fatto loro il pubblico ministero omettono di riferire quello di cui sono a conoscenza e da qui l’iscrizione nel registro degli indagati. Chi non vuole parlare ma è evidente che qualcosa sa, potrebbe essere costretto a farlo. —

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