Dagli stadi agli stadi Jovanotti torna con “Lorenzo 2015 cc”

Il disco nato dalle emozioni del 2013, il nuovo tour E l’Italia: «Difendo Renzi, può ancora farcela»
Di Marta Artico

Tutto inizia nell’estate 2013 durante il tour negli stadi che lo portato in giro per l’Italia, un’esplosione di musica da ballare assieme, come un’onda: è l’energia incamerata suonando per il pubblico la molla che ha messo in moto il nuovo album di Jovanotti, “Lorenzo 2015 CC”, trenta canzoni “bollenti” (e 13 concerti per un bis negli stadi che si annuncia sold out) presentate ieri a Milano, alle Officine del Volo, in una conferenza stampa fiume diretta meglio di un’orchestra dal cantante di Cortona.

Jovanotti, sempre sul pezzo, ha individuato l’“ombelico del mondo” («si trova a Ceppagna, in provincia di Isernia»), ha raccolto alcune delle voci più promettenti del momento (il tuaregh Bombino e gli Antibalas leggende dell’afro beat di Brooklyn), ha mischiato e mixato l’amore, il caos, l’estate e l’Africa in un unico sentimento suddiviso in due cd molto rock’n’roll, ma anche funk soul, conditi da atmosfere crooner, fatti per muoversi a ritmo e concepiti libertà. Jovanotti (scarpe da ginnastica, pantaloni simil tuta, camicia fantasia e cappellino) è entrato nella sala a bordo di una moto scooter, poi ha preso il telecomando e ha proiettato su maxi schermo l’infografica della sua vita dalla fine del 2013 a febbraio 2015: stati d’animo fatti di alti e bassi, buio cosmico, estasi, euforia, pensiero positivo, feel good, onnipotenza, accompagnati dagli emoticon: «Gli stadi» dice «sono stati un’esperienza importante, una grande emozione, una botta che mi ha lasciato un segno dentro e che ha influenzato il disco. Stare davanti a tutta quella gente, in fondo non è tanto diverso essere sopra o di fronte, perché io vado a sentire i concerti. Ci vuole un mese per smaltire l’adrenalina di un tour». Poi il Sudamerica, la polmonite e l’estate 2014, la vera fucina di produzione dell’album: gli amici di Cortona, Los Angeles, Milano, New York, lo studio affittato oltreoceano («sotto provavano gli U2») e il tocco del produttore Michele Canova.

Per spiegare la visione della vita, dell’album, delle tracce, Jova utilizza immagini e metafore. Quella del benzinaio: «Quando ero piccolo da casa vedevo la cupola di San Pietro dal retro e davanti la residenza del Papa, Santa Marta, che all’epoca era in costruzione. Solo che io vedevo il dietro. Ecco la differenza con la visuale di San Pietro dal colonnato, mentre tra me e San Pietro c’è sempre stato il benzinaio». E ancora: «Viviamo in un mondo pieno di “senza”, dal burro “senza” grasso ai dischi “senza” musica, io ho usato la parola “con”. “Con” quanto caos siamo in grado di fare i conti? “Con” quanta abbondanza?».

Gli stadi sono il cuore del disco. Il tour parte a giugno: a Padova dopo la sfortunata esperienza del 2013 e la pioggia che ha fatto interrompere e riprendere la performance, Lorenzo tornerà il 30 giugno, sempre all’Euganeo.

L’artista non svela tutti i segreti, ma da qualche anticipazione: «Non farò più di cinque, sei pezzi del nuovo album, perché lo stadio è una festa, un gigantesco dj set, la gente vuole sentire le hit, sceglierò le canzoni in base a se sono dei singoli o se tirano». E ancora: «Il concerto è una canzone sola, è un solo pezzo di musica come un’Opera». Prima dell’inizio ci sarà ancora il dj set, ma l’idea è quella di dare visibilità a qualcuno di nuovo. «Di Padova e del diluvio» dice «ho un ricordo strepitoso, di come abbiamo suonato, di quella sera, di un pubblico meraviglioso rimasto ad aspettarci fino a tardi. Padova è uno dei ricordi più belli». Aggiunge: «Sto facendo la danza del sole per Padova in attesa di questa estate».

Tra una domanda e l’altra, Lorenzo spazia da Renzi («ha dimostrato limiti difetti e qualità. Lo difendo con gli errori fatti, penso sia ancora un’opportunità per cambiare l’Italia») agli americani («non sono ironici, l’ironia è del “vecchio mondo”») e definisce il suo album libero e istintivo, scritto senza condizionamenti e costrizioni, senza tanti strati sonori e leccature. Infine: «È un album elaborato sotto una forte pressione, perché il tour era stato già annunciato prima che fosse finito e questo è un tabù che ho dovuto infrangere».

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