Dal Fermi alla Ardigò a scuola si impara con il professor robot

Studenti padovani a scuola di robot, o meglio a scuola con i robot. Gli avanzamenti tecnologici procedono a passo incredibilmente spedito, ed anche la didattica si aggiorna: a Padova, da ormai cinque anni, l’Università tiene un corso dedicato ai docenti delle scuole di tutti gli ordini (dalle elementari alle superiori) per insegnare prima di tutto ai professori come sfruttare la robotica.
«Il fondamento teorico della metodologia» spiega il professor Michele Moro, docente del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione del Bo e responsabile del corso «nasce nell’approccio costruzionista di Seymour Papert, docente del Mit di Boston, che alla fine degli anni Sessanta intuì le potenzialità che queste macchine potevano avere nel favorire i processi di apprendimento». Il primo passo, al corso, sta nella familiarizzazione: «Molti docenti» dice Moro «seppur attirati dalla materia, inizialmente temono di avere a che fare con qualcosa di complicato. Prima di tutto, quindi, rompiamo il ghiaccio facendo loro capire che, al contrario, è tutto molto semplice».
Dopo un po’ di infarinatura, quindi, l’ultimo step si concretizza nella realizzazione di un progetto da sperimentare in classe. Un esempio? Lo studio degli angoli può apparire difficile o noioso. Ma ecco che con un po’ di immaginazione e uno strumento in più, può diventare semplice ed anzi, emozionante: «Possiamo immaginare, come contesto, un’esplorazione su Marte» spiega il professor Moro «e naturalmente ci saranno degli ostacoli da superare o evitare. Il robot dovrà muoversi seguendo dei percorsi, e tutto ciò richiede delle riflessioni sugli angoli compiuti sia dal robot nel suo complesso sia dai singoli motori che agiscono sul robot per farlo muovere. L’obiettivo didattico è quello di imparare gli angoli, ma i ragazzi la vivono come un’esperienza diretta. Non hanno più a che fare con la pura astrazione del calcolo sulla carta, ma con una prova pratica su cui allenare la mente e utilizzare le nozioni apprese».
Finora hanno già partecipato ai corsi (l’ultima è stata la quinta edizione) un centinaio di docenti da tutto il Veneto, tra cui molti padovani: questo ha permesso di portare l’esperienza in molte scuola, tra cui il liceo scientifico Fermi (che da anni partecipa anche a competizioni nazionali ed internazionali sull’utilizzo dei robot) e il linguistico Scalcerle, le scuole medie Todesco e San Camillo, e addirittura le primarie Volta e Ardigò. «Vi sono alcuni aspetti rilevanti» spiega ancora Moro «che sono comuni a tutti, indipendentemente dall’età degli allievi: approccio pedagogico, obiettivi didattici, ruoli del robot. La specializzazione di livello riguarda soprattutto la maggiore o minore trasversalità disciplinare e la contestualizzazione. Proprio per questo, la maggior parte di coloro che lo hanno frequentato il corso hanno avviato da subito una sperimentazione in classe in una delle varie forme possibili. La robotica educativa» conclude Moro «si basa sul principio dell’imparare facendo, per cui far muovere un robot non è il fine dell’insegnamento, ma il mezzo attraverso cui gli allievi possono sviluppare le proprie doti cognitive».
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