D’Amante spa, è fallimento. Via al salvataggio dell’azienda

PADOVA. Non è andato a segno il concordato. E D’Amante spa, notissima società padovana nel settore dei gioielli, è fallita. La sentenza del tribunale (presidente del collegio il giudice Giovanni Amenduni) è stata depositata giovedì scorso. Ma non è la fine di una realtà aziendale che fattura, in media, 20 milioni di euro l’anno (un fatturato netto nel 2016 di 25 milioni di euro, 29,4 milioni di euro nel 2015).
La decisione
Il tribunale ha anche disposto l’esercizio provvisorio dell’impresa che ha sede a Padova in via Lisbona 28, sotto l’occhio vigile del curatore fallimentare, la commercialista padovana Carla Carlassare.
Che cosa significa? Resteranno aperti i 40 punti vendita D’Amante sparsi per l’Italia (con il marchio “D’Amante” e “Athmosfera”), come saranno garantiti la continuità dell’impresa (attiva pure nell’e-commerce e all’ingrosso) nonché i pagamenti nei confronti dei 230 dipendenti e dei fornitori. Confermato l’organigramma aziendale, a partire dal management che renderà conto del suo operato al curatore. L’obiettivo finale è chiaro: la vendita di D’Amante, un marchio di successo ultraventennale nel campo della gioielleria, con il salvataggio dei posti di lavoro. Di fronte alla complessità della procedura, l’esame dello stato passivo è slittato al prossimo 11 ottobre. Anche se non ci sono ancora quantificazioni definitive, i debiti aziendali ammontano a diversi milioni di euro. Debiti maturati con fornitori, istituti di credito e l’Erario. È stata una scelta dolorosa, eppure inevitabile, quella del fallimento.
Sogno infranto
Il tribunale ha ritenuto inammissibile il concordato preventivo in bianco (cioè con riserva) proposto da D’Amante il 22 dicembre 2017. Tempo 120 giorni per il deposito della domanda di concordato preventivo “pieno” con continuità aziendale. Sei mesi prima, il 22 giugno, l’azienda (amministratore unico il veneziano Fabio Verdini, imprenditore 52enne di Stra che l’aveva fondata nel 1993) aveva emesso obbligazioni a breve termine da 500 mila euro nel mercato ExtraMot di Borsa Italiana: un operazione che puntava a garantire un rendimento fisso del 4,10% e aveva come scadenza il 20 dicembre 2017.
Anno nero
Poi qualcosa va storto. Nel 2018 i costi aziendali subiscono una lievitazione e la crisi prende il sopravvento, nonostante il buon andamento delle vendite visto che i negozi D’Amante sono presenti in molti centri commerciali. Che succede? Da un lato c’è la perdita di un importante cliente come Stroili Oro dopo il cambio di proprietà di quest’ultimo; dall’altro si registra un minor supporto delle banche. A complicare la situazione il contenzioso con Morellato che ottiene il sequestro e la restituzione di monili e preziosi per 430mila euro di cui reclamava il pagamento da D’Amante. Verdini si era difeso: «Sono stato denunciato per appropriazione indebita della merce ricevuta in conto vendita dalla Morellato, in virtù di un contratto estimatorio già oggetto di un contenzioso nell’ambito del quale il giudice civile mi aveva dato ragione. Ho presentato ricorso». Ma gli affari sono andati nella direzione più burrascosa. —
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