Daniele Barbaro con gli occhi di Tiziano e Veronese

VENEZIA. I due Daniele Barbaro si scrutano a distanza, da ieri, nella grande sala all’ultimo piano di Palazzo Cini. Quello dipinto da Tiziano circa nel 1545 - oggi conservato al Museo del Prado, - ce lo mostra di tre quarti, sulla trentina, assorto in meditazione, “in borghese” a capo scoperto, quasi in rilievo dal fondo scuro. Dall’altra parte della sala, di fronte a lui, ecco il Barbaro di Veronese, dipinto circa quindici anni più tardi e oggi conservato al Rijkmuseum di Amsterdam. È ancora assorto nei suoi pensieri, ma con una nota quasi di mestizia nel volto. Vestito con la mantelletta color lavanda profilata di bordo porpora che contraddistingue l’abito da Patriarca e il nicchio nero calzato in capo, l’umanista è colto dal pittore nell’atto di esibire con la mano sinistra l’edizione dei suoi Commentari al De Architectura di Vitruvio editi nel 1556, mentre contro la colonna retrostante si vede ritratto, con variazioni, lo stesso volume aperto al foglio 236 del libro IX dove si parla della «ragione et uso degli horologi et della loro invenzione et degli inventori». Sulla pagina aperta si intravvede la figura di un putto nudo che indica un diagramma, ritenuto una sorta di firma criptica dello stesso Veronese.
È questo doppio ritratto esposto da ieri a inaugurare la stagione autunnale di Palazzo Cini a San Vio, legandosi anche al cinquecentenario della nascita del grande umanista veneziano - nipote del Patriarca di Aquileia Giovanni Grimani ed egli stesso poi eletto alla carica, senza mai ricoprirla, ma anche filosofo, matematico e ottico, amico e committente di Andrea Palladio - e dello stesso Veronese a cui commissionò due ritratti (l’altro è oggi a Firenze, a Palazzo Pitti).
Il direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Cini nonché presidente del Comitato promotore della Regione per le celebrazioni ieri - nel giorno in cui cadeva anche l’anniversario della morte di Vittorio Cini - ha presentato nel suo Palazzo ricco di capolavori rinascimentali il doppio ritratto che anticipa la giornata di studio che la Cini dedicherà a San Giorgio a Barbaro e al suo contesto. Ma intorno e accanto al confronto “barbarico” tra Tiziano e Veronese, Palazzo Cini offre in questi giorni anche una piccola ma preziosa mostra di disegni veneti del Settecento della sua raccolta, provenienti in particolare dalla collezione donata alla fondazione da Giuseppe Fiocco - con magnifici fogli di Tiepolo, Canaletto, Piazzetta, Pellegrini, tra gli altri - arricchita in questa occasione da un autentico capolavoro proveniente dalla Francia. Si tratta di un “Capriccio con campiello”, in arrivo dal Musée Jacquemart-André, una prodigiosa gouache del periodo maturo del vedutista veneziano in cui reinventa le atmosfere, gli scorci, le profondità di un campiello veneziano insieme realistico e incantato. Spiccano inoltre una serie di caricature fulminanti di Anton Maria Zanetti di personaggi del tempo - perfido quello di una butterata Rosalba Carriera - che preludono al grande catalogo su di esse che la Cini sta per pubblicare.
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