Depressione post partum «Mamme chiedete aiuto senza paura se state male»

La dottoressa Rossana Riolo guida il Centro che esegue screening su tutte le donne che hanno partorito negli ospedali di Cittadella e Camposampiero

camposampiero. «Intorno alla gravidanza e alla maternità ruotano tante figure. Ma non basta guardare al bambino, è necessario prendere in carico anche la mamma. E quando si sta male, non si dorme, si è molto stanche, non bisogna aver paura di parlarne. E nemmeno di chiedere aiuto. Nei primi 40 giorni dopo il parto c’è uno sbalzo ormonale che, tra il 70 e il 90% delle donne, produce quello che si definiva il “pianto da latte”, una fragilità emotiva» spiega la dottoressa Rossana Riolo, psichiatra responsabile del “Centro mamme senza depressione” dell’Usl 6 Euganea per gli ospedali di Cittadella e di Camposampiero. Un centro realizzato nel 2009: si rivolge alle donne che partoriscono con l’obiettivo di prevenire e curare le malattie psicologiche e psichiatriche destinate a colpire le neomamme tra l’ultimo trimestre di gravidanza e il primo anno di vita del bambino.

Perché una mamma arriva a scuotere il figlio fino a fargli così male?

«Si crea uno stato dissociativo: c’è un momento in cui la mamma perde il contatto con la realtà. E pensa solo a come far smettere di piangere il suo bambino. Magari pensa di averlo cullato più forte e non ricorda quello che è successo, restando in stato confusionale da qualche minuto a ore. Poi ci si rende conto dell’accaduto, il senso di colpa è schiacciante ed è necessario avviare un percorso molto duro. Peraltro il pianto di un neonato attiva prima le aree cerebrali femminili che quelle maschili per ragioni legate agli ormoni. È provato che, nel periodo dopo il parto, la sensibilità acustica della madre è maggiore. La maternità è l'evento più complesso che un essere umano possa affrontare».

Come evitare di trovarsi in situazioni limite?

«Bisogna fare attenzione ai fattori di rischio per la depressione. Le mamme troppo giovani, sotto i 20 anni, o superiori ai 45 sono più esposte perché la maternità cambia lo stile di vita. Un altro fattore è un precedente psichiatrico di depressione in famiglia visto che in questa malattia c’è una componente genetica, come l’aver avuto già una depressione post partum con il primo figlio. In quest’ultimo caso la mamma è esposta a un rischio del 50%. Altri fattori sono psicosociali».

Un consiglio da esperta?

«La depressione post partum colpisce tra il 10 e il 15% delle donne. E si manifesta da quando il piccolo ha un mese e mezzo fino a tutto il primo anno di vita. Il nostro Centro esegue screening fra le donne che partoriscono a Cittadella e Camposampiero, previo consenso, dopo 3, 6 e 12 mesi dal parto: è un’esperienza unica che sarebbe utile estendere a tutta l’Usl. Oggi le donne sono più sole. E a volte i familiari fanno fatica vedere i segnali di allarme. Ma quando serve, bisogna chiedere aiuto. Non c’è niente di male a dire “non ce la faccio più”». —

CRI.GEN.

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