Dieci intossicati dal monossido al cenone di Natale

PADOVA. «Qualcuno ha iniziato a sentire mal di testa, qualcun altro si lamentava per l’odore. Ecco, l’odore. Forse è stato proprio quello a salvarci. Altrimenti stamattina ci avreste trovato tutti morti». Roberto Doria, notaio, parla insieme alla moglie, alla suocera e alla figlia sul divano di casa. Il loro cenone di Natale non è stato proprio come lo immaginavano. Hanno dovuto interrompere brindisi e festeggiamenti per via di una intossicazione da monossido di carbonio. Il gas, subdolo e silente, si stava propagando ma è stato scoperto in tempo utile. Così lunedì sera sono finiti in ospedale in dieci: sette a Padova e tre a Cittadella. Con i vigili del fuoco che hanno evacuato una delle residenze più belle e caratteristiche del Ghetto di Padova: quella in via San Martino e Solferino 31.

Lì, in un appartamento al piano nobile, con pavimenti in terrazzo alla veneziana e archi che collegano una stanza all’altra, si era riunita la famiglia del notaio Roberto Doria. C’erano lui, la moglie e i tre figli. C’erano i suoceri e anche un fratello con le due bambine.
«Intorno alle dieci di sera di lunedì ci siamo resi conto che c’era qualcosa che non andava» racconta. «Qualcuno di noi accusava qualche malessere. Nostra figlia diceva di sentire un odore strano in casa. Noi non ci eravamo preoccupati più di tanto ma lei, nonostante l’innocenza dei suoi 18 anni, ha preteso di chiamare i vigili del fuoco. E forse ci ha salvato».
Di lì a poco è arrivata una squadra dei pompieri e subito il rilevatore del pericoloso gas ha iniziato a suonare. «Ci hanno detto di uscire subito e di correre all’ospedale. Volevamo andare da soli, ci hanno imposto l’ambulanza per una questione di sicurezza» spiega Doria. In sette sono finiti al pronto soccorso di Padova, mentre altri tre (il fratello di Roberto Doria e le due figliolette) sono dovuti andare a Cittadella per una questione di vicinanza a casa. Il gas velenoso si era propagato in tutta la casa, ne sono state trovate tracce nel sangue di quasi tutti i membri della famiglia.
Secondo i rilievi dei vigili del fuoco tutto è dipeso da una caldaia esterna, posizionata nel cortiletto della palazzina. «Si è staccato il tubo dello scarico e il monossido entrava in casa attraverso le condotte dell’impianto elettrico. La nostra fortuna è che insieme a quel gas velenoso e inodore c’erano anche i fumi combusti della caldaia. Questo ci ha consentito di accorgerci e dare l’allarme».
In via San Martino e Solferino è passata anche una pattuglia della Squadra volante della Questura. I pompieri hanno transennato la caldaia che resta inutilizzabile fino a che un tecnico non riparerà il guasto e non effettuerà un nuovo collaudo.
«Ora siamo ospiti al piano superiore rispetto al nostro, in casa dei miei genitori, perché casa nostra è rimasta senza riscaldamento» fa presente Roberta, moglie del notaio. «Certo, meglio così. Rispetto a ciò che poteva succedere, direi che abbiamo avuto il nostro miracolo di Natale».
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