Don Sante, ecco i conti segreti del parroco-papà
Sante Sguotti sarà in aula a ottobre. Secondo gli inquirenti teneva una minuziosa contabilità con molti punti oscuri. Per l'accusa sub-affittava in nero appartamenti a Montegrotto e emetteva false fatture

Don Sante Sguotti
ABANO. Saranno ascoltati tra meno di un mese i testimoni nel processo a carico di Sante Sguotti, l'ex parroco di Monterosso dalla vita sentimentale travagliata, dimesso «ex officio» dallo stato clericale per decisione del Pontefice. Il 21 ottobre si terrà, nella sezione penale del Tribunale di Padova, l'udienza dibattimentale nella quale comparirà in veste di testi il comandante della polizia locale Benedetto Allegro, il primo ad avviare le indagini su disposizione della magistratura.
Insieme a lui, sono stati citati gli architetti Andrea Mario, Barbara Patanè e il cittadino originario del Togo, Koulom Kolman Alabi, titolare della ditta Ecoedil, in «affari», secondo l'accusa, con «don» Sante. Una storia complicata quella dell'ex sacerdote, che nell'aprile del 2008 fu dichiarato dal sostituto procuratore Silvia Scamurra come «persona sottoposta ad indagini». L'indagine sull'ex parroco sarebbe partita da una segnalazione anonima, nella quale si ipotizzavano strane operazioni finanziarie, come l'essere diventato proprietario di beni immobili, di sub affittare degli appartamenti a Montegrotto e di gestire in modo poco chiaro alcuni atti burocratici della parrocchia da lui retta.
Il comandante della polizia locale avviò una serie di controlli che portarono a scoprire che il sacerdote non aveva dichiarato all'Ordinario della Diocesi di avere attività affaristiche e di essere intestatario di beni mobili e immobili, come invece previsto dal Diritto canonico. Durante la perquisizione nelle varie sedi dove operava l'allora parroco, compresa l'abitazione a Lovertino di Albettone, in provincia di Vicenza, dove abita con l'attuale compagna Tamara, assieme al loro bambino, i finanzieri e la polizia giudiziaria sequestrarono diversi faldoni di documenti, sui quali sarebbe stata ricostruita minuziosamente tutta l'attività posta in essere da «don» Sante.
Una contabilità dettagliata quella tenuta dall'ex parroco dalla quale si rilevano introiti per affitti di 17 milioni di vecchie lire, incassi da parte di alcune donne, Jennifer, Svetlana e Olga per importi da 500-600 mila lire fino al milione. Fa discutere anche l'entrata di 30 milioni relativi al risarcimento danni di un incidente stradale per conto di una certa Martina, alla quale i soldi non sarebbero mai stati girati, stando almeno alla documentazione, salvo alcuni «regali» per 152 mila lire. Sempre dalla contabilità spunterebbero viaggi in montagna, con pernottamenti e piccole spese minuziosamente annotate, che avvalorerebbero la tesi di un corretto ordine nella contabilità.
Tra gli immobili intestati a «don» Sante risulterebbero poi una casa a Tencarola, dove l'ex sacerdote aveva una casa di accoglienza, un appartamento a Padova poi rivenduto dopo averlo risistemato e altri beni.
Due sono ora i capi di imputazione, quello di «essersi avvalso di fatture o copie conformi false, per lavori edili mai eseguiti, per un totale di 49mila 143 euro» e la seconda perchè «con artefizi e raggiri ha indotto in errore i funzionari della Fondazione Cariparo, ottenendo 30mila euro di contributo, importo maggiore a quello che sarebbe altrimenti stato erogato, grazie al fatto di aver allegato alla domanda di contributi per l'esecuzione di lavori di restauro degli altari delle chiesa di San Bartolomeo di Monterosso, fatture false per lavori - sempre secondo l'accusa - mai eseguiti dalla ditta Ecoedil per 18mila 577 euro».
L'ex parroco si è sempre difeso dichiarando di «non aver mai intascato un soldo», ammettendo nel contempo una «gestione contabile confusa» che sarebbe stata all'origine dei suoi problemi. Sguotti avrebbe anche lasciato intendere di aver aiutato un impresario edile extracomunitario, che si trovava nella necessità di dover dimostrare un reddito minimo indispensabile per mantenere il suo permesso di soggiorno.
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