Droga e telefonini in cella riti abbreviati per 5 agenti

Le guardie ammettono le proprie colpe, beneficeranno di uno sconto di pena Due detenuti indagati non si sono presentati in aula: sono entrambi evasi giovedì
Di Carlo Bellotto

Tutti gli agenti di polizia penitenziaria finiti nei guai nell’inchiesta dell’estate scorsa accusati di aver portato all’interno delle celle droga o telefonini chiudono il conto con la giustizia con dei riti alternativi. Nell’udienza preliminare di ieri i legali lo hanno preannunciato al giudice, ci sono dei patteggiamenti e dei riti abbreviati. Il 7 luglio 2014 venivano arrestati Pietro Rega, 48 anni, originario di Mariglianella (Napoli) e residente a Mirano; Luca Bellino, 38 anni, originario di San Paolo di Civitate, residente in via Croce Verde a Padova. Altri 4 agenti finirono agli arresti domiciliari: Roberto Di Profio, 45 anni, originario di Chieti e residente a Abano; Paolo Giordano, 40 anni, che si tose la vita un mese dopo; Giandonato Laterza, 31 anni, di Matera e domiciliato a Piazzola sul Brenta; e Angelo Raffaele Telesca, 36 anni, toscano, residente ad Albignasego. Il 15 maggio si discutreranno questi provvedimenti di ammissione di colpa. Per gli altri indagati 18 detenuti e sette persone tra parenti e amici ieri è stata un’udienza interlocutoria.

Detenuti evasi

All’udienza di ieri non si sono presentati due imputati, i fratelli tunisini Issam e Mohamed Tlili, entrambi evasi l’altra sera. Uno era in permesso premio dal carcere di Bolzano dove era detenuto per altra causa, il provvedimento di libertà scadeva l’altra sera quando doveva tornare in cella per presentarsi ieri in tribunale a Padova, ma ha pensato bene di rimanere uccel di bosco. Il fratello invece, pure lui detenuto per altri fatti è evaso dai domiciliari che stava scontando a Livorno. Entrambi quindi ieri non si sono visti. C’erano comunque decine e decine di agenti di penitenziaria che hanno scortato i detenuti (anche loro colleghi) agli arresti domiciliari.

L’inchiesta

L'indagine era iniziata nell’estate 2013, mentre la polizia stava intercettando dei marocchini sospettati di un traffico di droga. Dalle telefonate era emerso del particolare traffico nella casa penale del Due Palazzi. L’inchiesta venne coordinata dal pubblico ministero Segio Dini e si è allargata a macchia d’olio. Scavando più a fondo la Mobile della Questura ha scoperto che c’era un vasto ed organizzato gruppo di agenti in servizio che erano dediti a fini di lucro ed in pianta stabile, in concorso con familiari ed ex detenuti, ad un sistema illecito finalizzato all'introduzione in carcere di droga (eroina, cocaina, hashish, metadone), materiale tecnologico (telefonini, schede sim, chiavette usb, palmari) ai detenuti accontentandoli per altre richieste. Chi era in cella e poteva pagare - tramite dei famigliari - poteva avere di tutto, in cella.

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova