È rinato il Palazzo delle Debite

Finito il restauro da 475 mila euro, durato oltre cinque anni: l’edificio potrebbe ospitare uffici
Padova 02 Settembre 2005 G.M. P.zza delle Erbe,PALAZZO DELLE DEBITE (COMELLO) P.ZZA DELLE ERBE,PALAZZO DELLE DEBITE -COMELLO-
Padova 02 Settembre 2005 G.M. P.zza delle Erbe,PALAZZO DELLE DEBITE (COMELLO) P.ZZA DELLE ERBE,PALAZZO DELLE DEBITE -COMELLO-

PADOVA. Dopo oltre cinque anni di lavori di restauro, i ponteggi dal Palazzo delle Debite in piazza delle Erbe sono spariti, riportando all’antico splendore l’edificio di proprietà dell’Inps. «C’è voluta una vita», ha commentato l’assessore alla Cultura, Andrea Colasio, «Finalmente i lavori sono terminati. Ora, essendo beni dismissibili potrebbero essere messi in vendita o utilizzati per degli uffici». Il destino del Palazzo dipende da ciò che deciderà il Ministero dell'Economia, che entro fino mese stabilirà se inserirlo nella lista degli immobili da vendere: in quel caso potrà essere alienato, mentre in caso contrario sarà affittato per uso uffici. Proprio Andrea Colasio parteciperà oggi a una manifestazione culturale che simboleggerà la ripresa del Palazzo: «Ora è tornato ad essere splendido, ma per troppi anni era nel degrado perché era stato di fatto abbandonato», ha commentato. Finisce così anche il calvario dei commercianti che hanno pagato le conseguenze della situazione critica in cui si trovava. Palazzo delle Debite è rimasto chiuso in un cantiere attivo a fasi alterne, con il rischio per i cittadini di essere feriti dai calcinacci che più di una volta si sono staccati dal Palazzo. Per restaurare l’edificio sono stati spesi 475 mila euro, grazie ai quali è stato realizzato il ripristino conservativo della facciata e la manutenzione straordinaria.

Palazzo delle Debite, scartocciato dai veli di plastica, mostra ora la sua elaborata facciata, ricca di simboli, di finestre, di balconi, di lesene, di bifore, di poggioli, popolata da un bestiario fantastico. Quasi ne era stata dimenticata la fisionomia nei lunghi mesi di accecamento, un edificio nel cuore della città, mascherato come un rapinatore. Quella delle Debite è una grande quinta che chiude a ovest piazza delle Erbe e, con l’ampio porticato, la collega a piazza dei Frutti. Il progetto del 1874 è dell’architetto Camillo Boito, costruttore prolifico, allievo di Pietro Selvatico Estense, figlio del pittore bellunese Silvestro e fratello del musicista Arrigo. Qui, in città il Boito ha realizzato anche, nel suo stile eclettico l’ex museo civico di piazza del Santo. Il disegno originale del palazzo di piazza delle Erbe prevedeva cinque piani, un colosso, ma era talmente fuori scala che lo stesso Boito decise di abbassarlo di un metro e mezzo. Al Boito, che vinse il concorso, fu affidato un compito difficile perché il palazzo, grondante di leoni e stemmi, si colloca a ridosso della splendida cattedrale laica medievale della Sala della Ragione. La pelle architettonica del fabbricato lo veste in stile “Maison de commerce”. La facciata post-restauro è tersa e l’accostamento tra mattoni e pietra e tra pietra e ferro ha un gradevole effetto coloristico mentre all’interno, qualche migliaio di metri quadrati di ampiezza distribuiti su tre piani, ferve ancora l’attività degli operai. Il palazzo, di proprietà dell’Inps, è gestito da un gruppo immobiliare triestino. Ma perché questo nome, Palazzo delle Debite? Perché qui, nella piazza del commercio, degli affari e delle assemblee comunali, c’era la prigione per debiti. Era un grande edificio sviluppato in lunghezza (più o meno come ora da via Manin a via Fiume), sovrastato da un cupo e massiccio torrione; un passaggio pensile, una sorta di “ponte dei sospiri” lo collegava al Salone.

Ciò ci riporta indietro nel tempo, a quella Padova medievale. Le camerate erano 6: del Torrazzo, delle Debite, Liona, Boarina, Morgante e Morosina per le donne (come è descritto nella “Guida di Padova” di Puppi e Toffanin). Il link con il Salone, dove si svolgeva la triste gogna sulla pietra del Vituperio, era costituito dal cavalcavia delle Debite che ospitava l’Offizio di Sanità. Negli anni Settanta il palazzo fu sede degli uffici comunali: diretto dal ragioniere capo Cicin, c’era il settore contabilità e ragioneria, l’ufficio affissioni, i tributi. Il personale proveniva soprattutto da quello daziario rimasto inoperoso dopo l’eliminazione delle barriere comunali. Dalla fine degli anni Settanta in poi il Palazzo resta chiuso e deserto, immobile e silenzioso per decenni mentre la vita scorre nei negozi che si aprono sotto il porticato.

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova