Eva, la madrina bionda: «Lo so, sembro fredda è che mi disegnano così»

di Anna Sandri
La madrina non si fa aspettare e anzi arriva con cinque minuti di anticipo; indossa i jeans e ha la pelle candida. Tacchi zero, d’altra parte non li ama; ansia sì ma non abbastanza da toglierle la voglia di scherzare, così appena entrata nella sua camera (Excelsior, fronte mare) piazza subito uno scherzo al fidanzato: «Un disastro, ad aspettarmi non c’era nessuno: al posto dei fotografi ho trovato una protesta di animalisti». Lui ci è cascato e ha provato a consolarla.
Eva Riccobono è fatta così, perfetta armonia di opposti: è profondamente e orgogliosamente siciliana ma è biondissima (per via della mamma tedesca); ha la fama di una che se la tira e invece «ti ricordi di Jessica Rabbit? Ecco, il fatto è che mi disegnano così».
Un disegno che parte da lontano, dalla sua bellezza, dall’eleganza, la passerella come destino: «Ho passato anni a interpretare gli abiti che indossavo, ma credo che la parte della mia vita in cui ho fatto la modella sia stata in realtà fino a ora la mia miglior parte come attrice. In passerella devi avere un atteggiamento distaccato, la faccia seria. Niente a che vedere con quello che io sono veramente».
Nella seconda vita, quella del cinema, si trova più a suo agio. Anche perché, nel fiore dei suoi 30 anni, si è riscoperta giovane: «Nella moda, a 23 ero quasi considerata vecchia». Mai avrebbe pensato che sarebbe arrivata questa occasione, madrina alla Mostra del Cinema: «Il primo a essere contattato è stato il mio agente, ma in modo vago. Ho cominciato a sognare. Poi mi è arrivata la telefonata: ero in Toscana, in mezzo alla campagna, sola in auto e bloccata da un gregge di pecore. Mi sono messa a piangere per la felicità».
Subito sono arrivate le offerte di chi voleva scriverle un testo: «Ho rifiutato, volevo fare da me. Quello che dirò è frutto delle mie riflessioni sul cinema: niente di personale, perché credo che alla gente le mie esperienze sul tema interessino ben poco. E un minispeach: più corto è meglio è. Quello della madrina è un ruolo prestigioso e importante, ma non è certo da protagonista».
Il cinema al quale oggi si dedica con entusiasmo pari all’umiltà (studia, studia, studia) l’ha vista finora lavorare con Paolo Franchi in “E la chiamano estate”, Marco Ponti in “Passione sinistra”, Carlo Verdone (nel 2008) con un piccola parte in “Grande Grosso e Verdone”. Ha detto anche dei no: «E ho appena finito di girare, diretta da Renato De Maria, “La vita oscena”. Ho altre proposte che, se sopravvivo a Venezia, esaminerò».
Venezia, appunto: panico? «Ho fatto un po’ di tv, sul palco ci sono stata, ma sì, l’angoscia c’è. È un ruolo molto visto, giudicato, simbolico. E io chiedo molto a me stessa. Ma mi godo anche l’adrenalina». Resterà al Lido per tutta la Mostra, vedrà tanti film (anche la mattina «posso mescolarmi alla stampa, vero?»), sarà a tutte le feste.
Poi, se sopravviverà come dice lei, ci sarà ancora cinema, e teatro («Adoro lavorare con le donne, amo il rapporto vero che tra le persone c’è nel cinema»). E continuerà a studiare, pensando ai suoi modelli (Monica Vitti, Isabelle Huppert), sognando un giorno un ruolo in un film coreano (ah, Kim Ki-Duk: quanto ci vorrebbe lavorare).
A una sola domanda non risponde. Come sarà l’abito che indosserà per l’inaugurazione. «Segreto. L’ho visto, è stato un colpo di fulmine. Posso dire solo che è molto semplice».
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