«Fondazione Fontana i Pipinato hanno usato sempre canali legittimi»

«È una situazione che mi ha colpito profondamente, ma metto la mano sul fuoco sulla trasparenza della Fondazione Fontana e su Gabriele Pipinato». Il vicesindaco Arturo Lorenzoni torna sulla bufera che lo ha inevitabilmente (ma solo politicamente) coinvolto, dopo i collegamenti sorti tra la fondazione di cui è consigliere d’amministrazione (ne è stato anche presidente fino al 2017) e Damiano Pipinato, l’imprenditore che ha ammesso di aver nascosto al Fisco 40 milioni di euro.
Al civico 3 di via Orologio, hanno sede sia l’ingrosso di Pipinato che la Fondazione Fontana. «La Fondazione è nata nel 1998 da una donazione importante che ricevette don Gabriele Pipinato (mezzo miliardo delle vecchie lire dalla famiglia Fontana, da cui prende il nome, ndr) che poi il padre e i fratelli decisero di raddoppiare per sostenere l’attività di cooperazione internazionale – spiega il vicesindaco –. Avevo conosciuto don Gabriele in Kenya nel 1996, quando lui era missionario della Diocesi e io avevo avviato con alcuni amici una scuola di informatica. Un importante supporto è sempre venuto dalla famiglia Pipinato, che ha assicurato nel tempo i finanziamenti per attivare progetti stabili di formazione nelle scuole (circa 200mila euro ogni anno per 10 anni, ndr), sempre tramite canali legittimi e inappuntabili. Abbiamo anche rinunciato ad alcuni contributi derivanti da enti non coerenti con la politica di trasparenza e non violenza adottata».
Pipinato è anche il proprietario della palazzina in via Porciglia dove ha sede lo studio Cortellazzo-Soatto, che ha tra i soci la moglie di Lorenzoni, Anna Soatto: «Lo studio di cui è socia mia moglie è nello stesso immobile dal 1982, inquilino della Cassa di Risparmio, fino a quando questa non ha ceduto la proprietà ad altre società che hanno mantenuto il contratto di locazione» chiude Lorenzoni.
LU.PRE.
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