Gioia e potenza della ceramica nell’opera di Federico Bonaldi

Bassano dedica la prima retrospettiva all’artista che non si curò del mercato Un allestimento in due sedi per i festosi colori dei cucchi e le grandi sculture

La chiamano “la quarta dimensione della ceramica”; perché non ha niente a che vedere con quello che normalmente si associa a questo materiale. Questa è arte, allo stato puro. Sono i Civici Musei di Bassano e il Museo della Ceramica di Nove a dedicare la prima retrospettiva a Federico Bonaldi, artista bassanese, che dando forma e colore alla ceramica nel suo laboratorio creativo in riva al Brenta ha continuato a seguire un suo filo di ricerca, considerando superfluo ciò che la critica e il mercato nel frattempo riconoscevano e richiedevano.

A prima vista stupiscono i suoi fantasiosi “cuchi”, fischietti in terracotta dipinta. Al Museo della Ceramica di Nove ne sono esposti più di duecento, l’uno diverso dall’altro, molti bizzarri, alcuni irriverenti, tutti coloratissimi. L’altro volto di Bonaldi, la sua autentica personalità artistica, si ammira invece nella sezione della mostra allestita aBassano del Grappa, dove appare evidente la sua capacità di affrontare le estetiche dei movimenti artistici di avanguardia di primo Novecento e di rielaborarle in un linguaggio personale, travagliato dalle vicende dei decenni successivi.

Il secondo conflitto mondiale, la guerra fredda, il boom italiano, gli anni di piombo: tutti i passaggi fondamentali del secolo sono rappresentati nella sua opera, e si possono vedere per la prima volta in modo organico in questa retrospettiva. Ecco allora i mostri, il lato oscuro dell’identità umana, nelle più varie dimensioni: caricature di un potere arrogante, motteggi ad una cultura vanagloriosa, sberleffi per una ricchezza stupida, esorcismi contro la prevaricazione. Al tempo stesso c’è spazio anche per i momenti di lirismo puro, riservati al mondo degli affetti intimi ed autentici, ai luoghi delle origini, delle radici familiari.

La mostra si articola nelle cinque Stanze della Creazione, cinque sezioni che richiamano lo spirito del suo laboratorio. In apertura la produzione iniziale, quella degli anni ’50 e ’60, che rielabora le lezioni dei maestri della Scuola d’Arte di Nove e dell’Accademia di Venezia. Fa seguito la seconda fase, quella del “lavoro felice” coincidente con la scelta di ignorare le dinamiche del mercato dell’arte, per ritirarsi in laboratorio dove lasciare libero spazio alla felicità creativa e dar voce al proprio universo di memorie, ricordi, emozioni, valori umani ed affettivi. La terza sezione è riservata alle Grandi sculture, dove la ceramica si dimostra capace di reggere il confronto con le opere create in pietra, marmo o bronzo. Un discorso a parte riguarda i Geroglifici, moniti da una dimensione arcaica, primitiva, ancestrale, se non addirittura limpidi giochi infantili. L’itinerario si chiude con la quinta ed ultima sezione riservata alle installazioni su pannelli, assemblaggi apparentemente casuali di tessere ceramiche create su suggestioni visive di volta in volta emerse dalla memoria, dalla cronaca, dalla emotività.

A cura di Giuliana Ericani, Nico Stringa e Antonio Bonaldi, la mostra riunisce, da collezioni pubbliche e soprattutto private, oltre 130 sculture in ceramica datate tra il 1951 e il 2012 (esposte nella sede del Museo Civico di Piazza Garibaldi), oltre 50 fogli ed incisioni, esposte al Museo della Ceramica e della Stampa di Palazzo Sturm, oltre alla giocosa sequenza di 200 cuchi al Museo della Ceramica di Nove.

Si visita fino al 18 ottobre.

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