Gli 80 anni della supermaggiorata che stregò Fellini

Anita Ekberg, svedese ma italiana di adozione, vive sul Garda a Genzano
 
ROMA.
Icona della «Dolce vita» di Federico Fellini e personaggio suo malgrado dagli anni '60 ad oggi, Anita Ekberg compie 80 anni (nella foto con Marcello Mastroianni). Svedese, giovanissima miss del suo paese, nata a Malmoe il 29 settembre, è registrata all'anagrafe come Kerstin Anita Marianne.  Come la conterranea Greta Garbo e prima di Uma Thurman, anche Anita cerca gloria quasi subito a Hollywood ed è Howard Hughes a farle da pigmalione. Gli esordi non sono memorabili: dopo apparizioni fugaci al fianco di Gianni&Pinotto come di Dean Martin e Jerry Lewis, deve aspettare sei anni (siamo al 1956) per strappare un ruolo da protagonista femminile al fianco dell'irresistibile duo in «Hollywood o morte» di Frank Tashlin.  Fellimi confessò «quel senso di meraviglia, di stupore rapito, di incredulità che si prova davanti alle creature eccezionali come la giraffa, l'elefante, il baobab lo riprovai anni dopo quando nel giardino dell'Hotel de la Ville la vidi avanzare verso di me preceduta, seguita, affiancata da tre o quattro ometti, il marito, gli agenti, che sparivano come ombre attorno all'alone di una sorgente luminosa. Sostengo che la Ekberg, oltretutto, è fosforescente». A Via Veneto sul finire degli anni '50 la Ekberg era già sbarcata, grazie alle coproduzioni tra Cinecittà e l'America che l'avevano portata sui set di Guido Brignone («Nel segno di Roma») e soprattutto di King Vidor. La coppia Ponti-De Laurentiis aveva messo in cantiere con Paramount già nel '56 un kolossal ispirato a «Guerra e Paca» di Tolstoj e la bionda svedese parve ideale nella parte della perfida Helena Kuragin. La carruera italiana cominciò e sotto i migliori auspici. Fellini scritturò Anitona e il suo seno prorompente, i suoi capelli bagnati dall'acqua della Fontana di Trevi, il suo vestito da sera con scialle bianco fecero il giro del mondo, tanto da indurre il genio riminese a ripetere il sodalizio con«Le Tentazioni del dottor Antonio» in «Boccaccio '70» (1962) e da fare della Ekberg un'icona ancor prima che un'attrice. Sfruttata nella sua ingenuità, catturata da imprese non sempre andate a buon fine (fu un mezzo fiasco il kolossal successivo «I Mongoli» diretto da Andrè de Toth nel '61) l'attrice ritorna a Hollywood nel'63, richiamata da Dean Martin che la propone nel cast dei «Quattro del Texas». Qui conosce Frank Sinatra con cui, nonostante la leggendaria riservatezza, ha di recente ammesso di aver avuto una relazione. Altre, più o meno reali, riguardarono anche Dino Risi e perfino Gianni Agnelli. Quella più celebre e chiacchierata fu certamente con Tyrone Power, nonostante il divo fosse già sposato con Linda Christian. Invece la Ekberg, dopo il matrimonio in giovane età con l'attore inglese Anthony Steel, si lega per più di un decennio all'americano Rick Van Nutter.. Scontenta per le parti che l'America le offre, prende la residenza in Italia, a Genzano, e appare in numerose produzioni italiane ed europee. Alla fine saranno una sessantina i film in cui si è vista. È nel surreale «Bambola» di Bigas Luna in cui fa la madre di Valeria Marini Ma sono soddisfazioni quasi private per la grande signora ritiratasi in un dignitoso silenzio. In molti hanno provato a infrangere la sua privacy, tutto sommato senza successo. Celebre per battute caustiche e ironiche: «Sono fiera delle mie rotondità che aumentano col tempo, ma non è ciccia, è evoluzione naturale»).

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