Gli antichi graffiti sconci sulla cattedra di Galileo

Si trova nella Sala dei Quaranta del Bo il palco di legno grezzo, nemmeno piallato e di poco prezzo, da cui il grande inventore, matematico, fisico, astronomo, filosofo spiegava agli studenti i...
MARIAN - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - CATTEDRA GALILEO
MARIAN - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - CATTEDRA GALILEO
Si trova nella Sala dei Quaranta del Bo il palco di legno grezzo, nemmeno piallato e di poco prezzo, da cui il grande inventore, matematico, fisico, astronomo, filosofo spiegava agli studenti i misteri dell’Universo.


A Padova, nell’atmosfera di apertura al nuovo e di tolleranza ispirata dalla Serenissima, Galileo trascorre i 18 anni più belli e proficui della sua vita. Sono gli anni del Sidereus Nuncius, un manifesto-capolavoro in cui l’inventore della ricerca scientifica moderna dà notizia della morfologia della Luna e della scoperta dei quattro più importanti satelliti di Giove, i pianeti medicei. La soddisfazione scientifica è, però, inasprita da un bisogno quasi ossessivo di denaro. Lo scienziato pisano per arrotondare la retribuzione, che era comunque rispettabile, vende alcuni congegni ottici e affitta la sua casa a un gruppo di studenti. Tenta anche di entrare come matematico all’Accademia Delia in cui si istruivano i rampolli della nobiltà locale nella scherma, nell’equitazione e nelle scienze matematiche. Ma a Galileo fu preferito un Carneade del cui nome non c’è memoria.


Certo lo scienziato doveva sostenere spese ragguardevoli. Aveva convissuto per anni con la veneziana Marina Gamba da cui aveva avuto tre figli. Sempre per denaro questo vagabondo delle stelle aveva cominciato a fare oroscopi, attività malvista dalla Chiesa e per questo era stato denunciato, sembra da sua madre, ai frati minori del Santo, i francescani che, a Padova, svolgevano il lavoro di controllo dell’Inquisizione. La stanza degli interrogatori si trova nell’area di clausura del convento del Santo, niente strumenti di tortura, ganci o il cavalletto per i tratti di corda. Oggi è uno spazio elegantemente arredato, impreziosito dalla presenza di quadri di soggetto religioso. Comunque non ci fu seguito alla denuncia per gli oroscopi, anche se poteva essere il campanello d’allarme di quello che sarebbe successo in seguito: Galileo perseguito per eresia e costretto all’abiura.


Galileo, a Padova dal 1582 al 1610, aveva dato prova di straordinaria genialità nello studio e nella ricerca. Al posto delle fotografie, non ancora inventate, dipingeva con estro e straordinaria precisione le ombre della Luna, prodotte da crateri e smisurati crepacci, e le caratteristiche dei nuovi pianeti scoperti: l’inclinazione delle orbite, i moti di rotazione e rivoluzione. La sua è una pittura documentaristica che dà più corpo ai risultati della ricerca.


Non è facile capire se lo stile spartano con cui è costruita la sua cattedra sia conforme al tempo o se l’umiltà del materiale (legnaccio di pesso) sia legata ad una precisa volontà del maestro. Il manufatto assomiglia di più a un catafalco che a un palco da cui lanciare informazioni sulla storia dell’universo. Eppure gli studenti erano affascinati dalle lezioni del maestro.


Con un ricercatore, armato di una grossa pila, esploriamo la pancia della cattedra. “Sti cazzi” sbotta il mio giovane amico. In effetti il rovescio del manufatto appare istoriato di incisioni di falli e di vulve. E’ una pornografia del seicento, invisibile ai visitatori a meno di non infilarsi nel retro oscuro del palco. Il fenomeno è spiegabile: le tavole che compongono la rozza architettura, erano banchi che ospitavano gli studenti. Generazioni di studenti hanno disegnato sogni di eiaculazioni e di coiti. Il soggetto è lo stesso che ispira gli attuali graffiti da vespasiano anche se le icone sono leggermente diverse.


Il tempo ha influito sullo stile e sul costume espressivo. Nel nome di queste differenze forse sarebbe giusto estendere la protezione della Sovrintendenza a questi cazzi e a queste fiche d’antan, anche se il valore artistico è zero. Quello documentale su come vedevano e come rappresentavano gli organi sessuali i nostri antenati è antropologicamente interessante. Non cerchereste di conservare i testi di barzellette del secolo diciassettesimo?




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