Gli imprenditori: «Si facciano perdonare»

MONSELICE. Che fossero ragazzi italiani, diplomati, di buona famiglia, li lascia sbalorditi. Gli impresari che hanno subito gli incendi sono concordi nel chiedere che i ragazzi “riparino” con lavori socialmente utili. «Uno si aspetta i soliti rom, i soliti stranieri, e invece salta fuori che sono ragazzi di famiglie per bene, della nostra zona», commenta Stefano Faccioli, titolare della Sif srl di Ospedaletto Euganeo. Che ha visto il suo cantiere bruciare la sera del 29 maggio, in via Vo’ De’ Buffi a Monselice. Un mese prima lo stesso cantiere era stato razziato. «Ci avevano portato via qualche attrezzo di scarso valore, per qualche centinaio di euro», spiega l’impresario. «Pensiamo che siano stati gli stessi: forse sono tornati per vedere se avevamo ricomprato gli attrezzi nuovi. Invece il container era praticamente vuoto, così ce l’hanno bruciato, causandoci un danno di circa 6 mila euro. Complimenti alle forze dell’ordine che li hanno individuati, ora spero che il Comune li impegni in lavori come la pulizia delle strade».
«Pensavo fossero stranieri», dice anche Antonio Berton, titolare della A.B. costruzioni che s’è vista bruciare il container in via dell’aeronautica, il 25 maggio. «Mi viene da dire che i loro genitori devono farsi delle belle domande». «Spero capiscano la cavolata che hanno fatto», commenta Massimo Cavazzana, alla cui impresa hanno bruciato il container del cantiere lungo la Monselice-Mare, il 28 maggio. «Mi auguro che siano destinati a lavori socialmente utili da fare in qualche cooperativa. Ai loro genitori vorrei dire che cerchino di capire cosa si può fare o chi può aiutarli. Ma non è tutta colpa dei genitori, un ragazzo di quell’età sa quello che fa. Se vieni da una famiglia per bene, è ancora più grave. Spero che questi ragazzi possano vivere un’esperienza formativa di lavoro che gli faccia capire le fortune che hanno avuto». (f.se.)
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