«Golpe», da Borghese alla rivoluzione mancata Viaggio lungo l'Italia
ROMA.
Italia, 1970. Dopo il sinistro «tintinnar di sciabole» di sei anni prima, il paese è ancora una volta minacciato da un colpo di Stato. La notte dell'Immacolata, tra il 7 e l'8 dicembre, scatta la sedizione armata guidata da Junio Valerio Borghese. Nella notte si muovono autocolonne cariche di armati, c'è un'irruzione al ministero dell'Interno, si prepara l'occupazione della Rai e il rapimento del presidente della Repubblica. Ma, all'ultimo momento, la sollevazione di militari e neofascisti viene bloccata da una misteriosa telefonata. Sono stati gli americani a fermarli? E' uno dei tanti misteri. I golpisti si ritirano in caserme e abitazioni. La notizia sarà diffusa solo tre mesi dopo. Nel Veneto i golpisti avevano basi e collaboratori sicuri. Il racconto di quei giorni e soprattuto dei giorni che precedettero quel golpe abortito è il filo rosso del romanzo di Vindice Lecis, giornalista sardo del gruppo Finegil, intitolato «Golpe» (Corbo Editore) in libreria in questi giorni. Il libro racconta il tour informativo del funzionario del Pci, Antonio Sanna, incaricato di avvisare le federazioni provinciali del partito dell'imminente colpo di Stato. Sanna incontra i dirigenti comunisti, dall'Emilia alla Sardegna, e raccoglie un mosaico di testimonianze, timori, dettagli dentro a un dramma personale che emergerà a poco a poco nel corso del libro.
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