Ha violato le prescrizioni imposte dal gip

«Violazione delle prescrizioni imposte dal gip»: ecco il motivo che ha rispedito dietro le sbarre l’ex sindaco-pirata delle Terme in base alla nuova misura cautelare firmata ieri dal gip Tecla Cesaro. Sono stati il procuratore di Padova Matteo Stuccilli con il pm Federica Baccaglini a sollecitare l’aggravio della misura per Claudio di fronte all’intervista rilasciata al mattino a nemmeno 24 ore dalla ritrovata (quasi) libertà. Un aggravio giustificato dal fatto di aver calpestato i limiti che gli erano stati imposti con i domiciliari. E che sono stabiliti per tutti i detenuti che beneficiano della possibilità di scontare la pena nella propria casa o in un’abitazione privata fuori dalla struttura penitenziaria. Il primo divieto di regola prescritto? Vietato parlare con gli estranei, stampa compresa. Per Claudio, il gip aveva ammesso solo contatti con i difensori e i familiari più stretti (moglie e figli, fratello e sorella, genitori). Per il resto, avrebbe dovuto comportarsi come se si trovasse in carcere, pur usufruendo delle comodità “domestiche”.
Ma è andata diversamente. Nel provvedimento che ha rispedito in cella Claudio, il giudice ha ritenuto di estrema gravità il fatto che l’ex sindaco abbia parlato già l’indomani dalla “scarcerazione” non limitandosi a uno sfogo sulla condizione di detenuto, i problemi di sovraffollamento del carcere, il dramma umano vissuto per la forzata lontananza dalla famiglia e dai figli. Non è escluso che se Claudio si fosse limitato a quel tema («Ero in cella con delinquenti di tutti i tipi: 30 metri quadrati in sette...»), la procura avrebbe potuto anche soprassedere. Tuttavia Claudio non s’è trattenuto: ha parlato di una giustizia a doppio binario («Galan ha scontato qualcosa più di tre settimane. E parliamo del Mose... A me hanno notificato un arresto il 24 dicembre. E ad aprile prossimo vado a processo»). E ha attaccato («Bastano tre persone che dicono "sei un ladro" e diventi un ladro»), nonostante abbia concordato un patteggiamento a 4 anni di reclusione per induzione indebita a dare o a promettere utilità (concussione per induzione), corruzione, concussione e turbativa d'asta. Irrefrenabile come quando, pur consapevole di essere nel mirino della procura, fece tappezzare Abano di manifesti con la sua faccia in primo piano e la scritta provocatoria “Io sono innocente” a poche settimane dalle elezioni che lo incoronarono, ancora una volta, vincitore. E dal primo clic di manette del 23 giugno 2016. (cri.gen.)
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