I dubbi dell’Unesco sugli affreschi al Palazzo della Ragione di Padova, ora “indaga” il Bo

PADOVA. È scontro sull’autenticità di Palazzo della Ragione all’interno dei cicli trecenteschi che costituiscono la candidatura dell’Urbs Picta a patrimonio dell’umanità Unesco. Gli affreschi della parte superiore del Salone sono stati realizzati dopo l’incendio del 1420, come possono essere inseriti in una candidatura che esalta il Trecento? È questa l’osservazione arrivata dall’Icomos, cioè l’ente che effettua le valutazioni per conto dell’Unesco. «Noi difendiamo la continuità iconografica tra il ciclo pittorico rifatto dopo l’incendio e quello originario», è la replica dell’assessore alla cultura Andrea Colasio. Il rischio è che Palazzo della Ragione possa, del tutto o in parte, essere escluso dai siti della candidatura.
Confronto sul Salone
Palazzo Moroni ha inviato nei giorni il documento finale di replica alle osservazioni dell’Icomos, concordato con l’ufficio Unesco del Ministero dei beni culturali. La contestazione più delicata riguarda appunto l’«authenticity» di uno degli otto siti che compongono la candidatura: il Palazzo della Ragione. Degli affreschi giotteschi all’interno del Salone non c’è quasi più traccia dopo il rogo del 1420. Però è stato dato incarico a un équipe del Bo di compiere indagini sugli strati sottostanti la pittura ora visibile.
La parte inferiore della decorazione, dove ci sono i 17 stemmi dei tribunali, conserva tracce trecentesche. Come dimostra l’affresco del “Processo a Pietro d’Abano”, attribuito a Jacopo da Verona, che è quasi una “fotografia” del Palazzo della Ragione trecentesco. In più attraverso il lavoro di recupero dei codici miniati, lo staff dell’Urbs Picta ha voluto dimostrare «la continuità stilistica tra la fase trecentesca e quella quattrocentesca». Sarà alla fine l’Icomos a decidere il perimetro degli affreschi da inserire nella candidatura, con o senza il Salone.
Il cambio di nome
«Abbiamo accettato il cambio di denominazione della candidatura, ma abbiamo voluto mantenere la presenza di Giotto che per noi è espressivo del genio autentico: è a lui che va ricondotta la dimensione creativa su cui si fonda l’unicità di questi capolavori», osserva Colasio. In poche parole, l’Icomos ha deciso che Urbs Picta non è rappresentativo della candidatura e comunicabile a livello globale. Perciò il nome ufficiale cambierà in «La Cappella degli Scrovegni di Giotto e i cicli affrescati del Trecento a Padova» (in inglese, Giotto’s Scrovegni Chapel and Padua’s fourtheenth-century fresco cycles). L’Icomos avrebbe preferito togliere il nome del genio toscano, come avvenuto ad Assisi. Ma l’amministrazione ha tenuto duro.
Giudizio in primavera
Adesso, in primavera, arriverà il giudizio dell’Icomos che potrà suggerire di iscrivere, non iscrivere o rinviare l’iscrizione alla lista dei patrimonio dell’umanità. Un giudizio che sarà preso come base per il voto finale del board Unesco (composto dai rappresentanti di 21 Paesi) previsto a luglio a Fuzhou, in Cina. «Nessuno dei quesiti posti dall’Icomos mette mai in discussione l’autenticità del bene. E questo è positivo – chiarisce Colasio – Padova sta assumendo un ruolo importante per l’Italia come dimostra l’interesse di Mattarella e Casellati. C’è una competizione tra Italia e Cina sul numero siti Unesco: mi auguro di restare in parità». —
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