I frati alzano bandiera bianca: dopo 600 anni chiude il convento di via San Francesco a Padova

PADOVA. Padre Vittorio scioglie per un secondo la sua posa composta e allarga le braccia: «Ce ne andiamo? Sembra proprio di sì. È davvero un peccato». Non c’è polemica, solo rammarico nelle sue parole. D’altra parte era nell’aria da un pezzo, già da quando i numeri, risicatissimi, avevano imposto l’unificazione delle Province del nord Italia, a maggio di quattro anni fa.
Però si pensava che la ristrutturazione - termine preso dall’economia e che i frati non conoscevano - avrebbe seguito altri percorsi e risparmiato un luogo simbolo come la chiesa e il convento di via San Francesco, roccaforte dell’ordine a Padova. Costruita nel 1416, vicino all’ospedale , perché i frati potessero occuparsi dei malati, la chiesa, con tutto il suo complesso, è stata anche sede dell’università francescana.
IL DECLINO DEI NUMERI
Al tempo, tre secoli fa, di frati ce n’erano duecento. E mezzo secolo fa erano trenta. «Oggi siamo in otto», dice padre Vittorio, che con i suoi 77 anni di età - e 50 di sacerdozio, li ha festeggiati qualche giorno fa - è soltanto il quarto più anziano della comunità. «C’è padre Leone che ne ha 91», elenca. «Poi abbiamo uno di 90, uno di 88. E i giovani ne hanno 65, 53, 52 e 43».
Eppure, giovani o no, pochi oppure pochissimi, a Milano - dove c’è la sede della Provincia del Nord - hanno deciso: la San Francesco a settembre sarà chiusa, resterà aperta la comunità di Cittadella. Dove pure i frati sono solo quattro, due over 90, uno di 85 anni e uno di 50. La parrocchia sarà restituita alla diocesi, a cui già appartiene formalmente, e i frati saranno trasferiti. «Io però a Cittadella non vado», dice padre Vittorio, «sto aspettando che mi dicano dove andare».
L'APPELLO
La notizia, che è ormai ufficiale da qualche giorno, ha prodotto una mobilitazione immediata nel quartiere. Un comitato San Francesco, nato per l’occasione, ha scritto al ministro dei frati, padre Maggioni, al vescovo Cipolla e al sindaco Giordani per chiedere di trattenere i frati.
«Questa decisione», si legge nella lettera, «si scontra con le profonde necessità della comunità parrocchiale, degli studenti che numerosi qui convergono e di un’ancora più ampia fascia di persone di tutta la città e di ogni classe sociale, che presso i fratelli francescani trovano accoglienza e sollievo per i propri problemi spirituali e non solo». E sottolineano: «La città ha bisogno di punti di riferimento positivi, di persone in grado di donarsi con fede, generosità e competenza agli altri. La comunità di San Francesco con padre Vittorio Bellè offre a noi cittadini questo necessario punto di riferimento e sicurezza, in un clima di apertura, di riservatezza, di attenzione ai bisogni diversissimi della comunità, di una totale disponibilità autenticamente cristiana». Ma la decisione ormai è stata presa. E difficilmente si tornerà indietro.
LA GRATITUDINE
La diocesi, rispettosa dell’autonomia dell’ordine, esprime rammarico per questo passaggio, ma ribadisce la «profonda gratitudine» per quanto i frati hanno fatto a Padova, in 600 anni, salvo brevi interruzioni. L’eredità della parrocchia è un problema, certo, ma sarà affrontato più avanti. Peraltro i preti scarseggiano e il vescovo ha già dovuto preparare una soluzione ponte per la parrocchia di San Giovanni Bosco, da dove andranno via i Salesiani nel 2021. Altro passaggio che si annuncia doloroso e complicato.
LA CRISI DELLE VOCAZIONI
A monte di tutto c’è il fatto che anche la vita francescana, almeno in Europa, ha smesso di esercitare fascino nei confronti dei giovani. «Restiamo in pochi e siamo pieni di acciacchi», ci scherza sopra padre Vittorio. «E non possiamo neanche mandare avanti un convento in due, perché si tradirebbe l’idea di comunità che è alla base del nostro stare insieme». E però il dispiacere gli si legge in ogni parola. «Nel periodo del lockdown ci siamo uniti anche di più», racconta, «come una famiglia». Chiusi dentro, al sicuro. Solo padre Leone usciva sotto i portici a benedire i rari passanti. «Certo, forse si poteva chiudere Cittadella», borbotta padre Vittorio. Invece tocca a Padova. E la cicatrice resterà.
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