I frati in estinzione «I ragazzi di oggi non hanno valori»

Nel convento di Padova erano 200, ne sono rimasti quattro Padre Vittorio: «Uniamo il nord per rilanciare l’impegno»
Di Cristiano Cadoni

L’obbedienza non è neppure un grosso problema. Alla castità ci si può arrivare, anche se per strade faticose. Ma la povertà, quella proprio no. Mollare tutto e affidarsi alla fraternità degli altri? Figuriamoci. Nell’evidente impossibilità di pretendere da un ragazzo il voto completo, si sbriciola il ponte che conduce alla vita da frate. I francescani, dalle nostre parti, sono in via di estinzione. Erano duemila ai bei tempi nel nord Italia. Ne sono rimasti 627, poco più di 300 nel Nordest, una quarantina in Piemonte. Nel convento di via San Francesco, qui in città, dove sono stati anche duecento quando c’era l’università francescana, oggi se ne contano appena quattro, anche se poi ce ne sono una cinquantina al Santo e altri in provincia, a Camposampiero e a Monselice. Però sono per lo più anziani. Di postulanti, novizi e professi temporanei, invece, tutti insieme, dal Piemonte al Friuli e fino all’Emilia Romagna, ce ne sono in tutto diciotto.

Il crollo delle vocazioni, il declino dell’ordine - almeno in Europa - e l’esigenza di rilanciare l’impegno per altre vie, hanno portato i frati minori indietro di novecento anni, alle origini. Domani mattina nella chiesa di San Francesco a Padova, le sei Province (cioè le sei zone) del nord Italia (Veneto e Friuli Venezia Giulia; Trentino; Lombardia; Emilia Romagna; Liguria; Piemonte) scioglieranno i loro governi, mettendo via i sigilli storici. E dopo un corteo che condurrà i frati alla basilica del Santo, daranno vita alla “Provincia di Sant’Antonio dei Frati minori” con 66 case distribuite in tutto il nord Italia, più le missioni come quelle in Guinea Bissau e in Senegal (40 frati) o in Burundi. Ma non si tratta di un ritorno al passato - precisano i religiosi - né di una somma delle vecchie Province. È invece la fine di un percorso lungo, cominciato negli anni ’90 con la collaborazione nel campo della formazione, e che si conclude oggi con una ristrutturazione più profonda, che prevede tagli (qualche convento sarà chiuso, per una sorta di spending review), un nuovo governo, un nuovo impegno tra gli ultimi, all’insegna del motto “il mio chiostro è il mondo”, che papa Bergoglio ha ricordato di recente.

La sede della nuova super Provincia sarà a Milano, in via Farini. Ma il nome - e non a caso anche la cerimonia di istituzione - è tutta padovana, «perché Sant’Antonio è stato il primo ministro provinciale, quando già i frati del nord Italia erano uniti», ricorda padre Vittorio Bellè, parroco di San Francesco. «Ora torniamo insieme per rendere più visibile la nostra presenza, per rilanciare i nostri servizi e il nostro impegno vicino ai malati, ai carcerati, ma anche ai giovani». Che però, appunto, di sacrifici - e di voti - non ne vogliono sapere. «Viviamo un processo di scristianizzazione», aggiunge padre Vittorio. «Si parla infatti di neopaganesimo. C’è indifferenza verso la religione, c’è una generale perdita di valori, contano soltanto l’indipendenza e i personalismi. Fare una scelta così forte, oggi, per un ragazzo è impensabile. In fondo un prete ha la sua vita, la sua casa, le sue cose. Ma un frate non ha niente, è una scelta più radicale. E non vedo più, in giro, quell’entusiasmo che aveva spinto me, per esempio, a mettermi su questa strada». Si va verso l’estinzione dei frati? Padre Vittorio ripesca nella memoria la profezia di San Francesco: «Il mio ordine non si estinguerà mai». E infatti in Sudamerica, in Africa, in India e nelle Filippine decine di ragazzi diventano frati. «C’è una chiesa forte e vivace», conclude padre Vittorio. Si respira quell’entusiasmo che qui non c’è più».

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