I nomadi di via Bassette: «Qui ci sono 38 bambini, il giudice ci tutelerà»

Il campo di via Bassette resta dov’è almeno fino a giugno del 2015. Nonostante il diktat del sindaco Bitonci che vuole le ruspe entro 90 giorni
BARSOTTI - CAMPO NOMADI VIA BASSETTE.
BARSOTTI - CAMPO NOMADI VIA BASSETTE.

PADOVA. Il campo di via Bassette resta dov’è almeno fino a giugno del 2015. Lo dice il giudice. Il sindaco leghista Massimo Bitonci, a meno che non voglia dare battaglia al tribunale, dovrà attendere un po’ prima d’intervenire con la cavalleria e buttare fuori i rom. A monte c’è infatti una vertenza tra Elvis Seferovic, il “capo” dell’accampamento, e il padrone del terreno. Solo una volta chiusa questa vicenda giudiziaria, il proprietario potrà, eventualmente, iniziarne un’altra per sfrattare i nomadi.

Nel frattempo Elvis e la sua famiglia allargata restano esattamente dove sono. In tutto venti adulti, tutti appartenenti allo stesso nucleo familiare, e 38 minori (più qualcuno in arrivo). Vivono in 10 case, tra carovane e casette prefabbricate. Nessuna ha i basamenti, sono semplicemente appoggiate sul terreno. Dettaglio che dà ad Elvis una certa tranquillità: «Il sindaco Bitonci», riferisce, «dà ordine di demolire le costruzioni abusive, ma io non ho costruzioni abusive. Un manufatto per essere abusivo deve avere le fondamenta». In ogni caso il boss di via Bassette non si perde d’animo: «Se il sindaco vuole che smontiamo tutto, va bene, in due ore spariscono le casette e viviamo nelle roulotte e nelle carovane. Staremo molto stretti, ma va bene. Dovrà però dirci dove mettere i bagni». E se nemmeno questo accontentasse il primo cittadino leghista Elvis ammette: «Se i miei bambini, figli e nipoti, non avranno più una casa, sarò costretto a mandarli a chiedere l’elemosina, magari a Cittadella».

La famiglia Seferovic abita a Mortise dal 2008. Da allora tutti i bambini vanno a scuola (alcuni con buoni risultati), hanno i loro amici, vivono il quartiere come ogni bambino che cresce a casa sua. Solo che non condividono con i loro coetanei una bifamiliare o un appartamento, ma un camper perché «questa è la nostra cultura e la nostra vita», spiega Elvis.

Come ogni altra famiglia però pagano affitto e bollette. Diversamente dalle altre famiglie devono invece “pagare” un altro conto, piuttosto salato, calcolato con i pregiudizi e tassato dalla discriminazione: «Vengono a rubare da via Longhin e danno la colpa a noi», lamenta Elvis, «ragazzi che non vivono da noi (come ha accertato la polizia) buttano i sassi dal cavalcavia e danno la colpa a noi. Eppure proprio a Mortise molti commercianti sono disposti a farci credito e prestarci soldi».

Una cosa è certa, intanto che siamo in casa di Elvis, proprio la vicina di casa viene a dargli solidarietà dopo il diktat ribadito da Bitonci durante l’incontro pubblico al centro civico di Mortise: «Novanta giorni e vi butto fuori». «Non ho mai sentito di un sindaco che ha buttato in mezzo alla strada 38 bambini», scandisce Elvis, «tanto più che non vogliamo dare fastidio». Tuttavia uno dei figli è ai domiciliari: «È innocente», assicura il padre, «si fa 6 mesi perché non è una spia».

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