I presunti “regali” al medico? Tremila euro per la ricerca

La dottoressa Scaroni è finita nell’indagine del Nas, ma avrebbe fatto solo da tramite a un finanziamento della Sandoz

PADOVA. Dopo la bufera, comincia ad assumere contorni più netti il risvolto strettamente padovano dell'indagine che ha travolto la sanità italiana: oltre settanta medici indagati perchè accusati di aver ricevuto regali e denaro da una casa farmaceutica in cambio di un'impennata nel numero delle prescrizioni dell'ormone della crescita (Gh) targato Sandoz.

Tra i camici bianchi coinvolti nell'inchiesta c'è anche l'endocrinologa padovana Carla Scaroni, medico ricercatore dello staff dell'azienda ospedaliera diretto dal professor Corrado Betterle. La sua posizione però, dopo il polverone sollevato a seguito delle perquisizioni a tappeto eseguite dai carabinieri del Nas, si va progressivamente ridimensionando.

Alle accuse la dottoressa Scaroni, sorella del manager dell'Eni Paolo e moglie del professor Tullio Pozzan, direttore scientifico del Vimm, risponde con le carte. L'endocrinologa ieri ha scelto, su consiglio del proprio legale, di non rilasciare alcuna dichiarazione, ma la sua versione dei fatti (confermata da un pacco di documenti) riecheggiava in mezzo ospedale: Carla Scaroni è indagata per un finanziamento di tremila euro offerto dalla Sandoz per l'acquisto di materiale per il laboratorio di ricerca cui afferisce.

Secondo quanto riportato nei documenti universitari non ci sarebbe stato alcun accordo “sotto banco” tra Scaroni e gli informatori farmaceutici di Sandoz: la dottoressa avrebbe solo fatto da tramite, tanto che l'assegno della casa farmaceutica è stato versato al dipartimento dopo l'avallo del suo direttore, secondo la procedura standard prevista dai contratti di sponsorizzazione universitaria. A far prendere un'altra piega all'indagine padovana, l'analisi dei ricettari: l'ormone della crescita della Sandoz è stato somministrato solo a due pazienti, su di un totale di ottanta in cura dall'endocrinologa padovana.

Questa la linea di difesa di Carla Scaroni, che, pur tranquilla, spera che questo polverone si abbassi al più presto. Ieri in azienda ospedaliera si respirava un certo imbarazzo di fronte a un fatto che scuote la sanità padovana: fino a qualche anno fa, prima che le procedure per il reperimento dei fondi fossero standardizzate e regolamentate, non era così inusuale che gli stessi medici stringessero accordi con le case farmaceutiche.

Nell'inchiesta in cui è stata coinvolta Scaroni, invece, è finita sotto la lente d'ingrandimento una rete formata da dodici informatori scientifici e dirigenti della casa farmaceutica Sandoz. Secondo quanto rilevato gli informatori avrebbero sollecitato i medici indagati ad aumentare le prescrizioni di alcuni farmaci con l'inserimento in terapia di nuovi pazienti. I reati contestati, a vario titolo, vanno dall'associazione a delinquere, alla corruzione, all'istigazione alla corruzione, alla truffa ai danni del Servizio sanitario nazionale, dal falso al comparaggio.

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