I terreni dei nomadi diventano edificabili: possono costruire casa

PADOVA. Sette aree della città che diventano edificabili. Sette terreni di proprietà di alcune comunità di nomadi, che avranno così la possibilità di costruirsi una casa e regolarizzare la loro posizione. È il contenuto di un’osservazione alla variante al Piano degli Interventi in discussione in questi giorni a Palazzo Moroni, che riceverà nelle prossime settimane il via libera definitiva da parte del consiglio comunale.
La richiesta. «Si chiede che l’area di proprietà sia classificata con utilizzazioni idonee a realizzare un edificio che consenta di abitare in un ambiente idoneo». È la richiesta, scritta a mano, consegnata in Comune da una donna di 46 anni, che vive con il compagno e due figli proprio in una di queste aree. In pratica alcuni nomadi negli anni hanno comprato piccoli appezzamenti di terreno in cui si sono stabiliti con camper, roulotte o prefabbricati. Si tratta soprattutto di ritagli di città, quasi tutti sotto un cavalcavia o lungo un argine, lontani dal centro storico. Ma in questi terreni le famiglie hanno trovato una loro stabilitò e adesso chiedono di trasformare la loro condizione di nomadi in stanziali.
La variante. È capitata a fagiolo la variante urbanistica al Piano degli Interventi, che consentirà all’amministrazione di soddisfare circa 500 richieste che i cittadini attendono da anni. In questo caso dunque l’area agricola verrà riclassificata come «area a servizi generali» in cui potrà essere autorizzata una costruzione. «Gli interventi – si legge nel parere del Comune – dovranno essere approvati con specifica delibera della giunta che ne stabilirà i contenuti con apposita convenzione». Dunque la variante darà una copertura urbanistica, ma il progetto dovrà poi essere valutato dall’amministrazione, anche per evitare eventuali speculazioni.
Le altre aree. «La modifica viene estesa per analogia anche alle altre aree occupate e di proprietà di comunità nomadi», si legge ancora negli atti di Palazzo Moroni. Da una singola richiesta, quindi, il provvedimento verrà esteso a tutto le altre aree del territorio comunale nelle stesse condizioni. Non si tratta però dei campi nomadi comunali come quelli di via Longhin o di via Tassinari, né di aree occupate senza titolo come in via Bassette. Sono invece singoli terreni già di proprietà delle famiglie nomadi.
In tutto sono sette aree, in diverse parti della città: via Sette Martiri a Chiesanuova; via Querini a Pontevigodarzere, via San Giacomo a Pozzoveggani, via Mazzini a Sarmeola, via Ferrero al Plebiscito, via Fausto Coppi in zona stadio Euganeo e infine un’area sul lungargine del canale Brentella a Brusegana.
Sulla questione la decisione politica della giunta è presa. È stata illustrata dal capo settore dell’urbanistica Franco Fabris in commissione martedì scorso. Manca un ultimo passaggio per diventare definitiva: il voto del consiglio comunale.

Don Albino Bizzotto: "Decisione saggia". «Bitonci ha visto con i suoi occhi come queste famiglie rispettano la città e le sue regole, curano la loro casa mobile e hanno un atteggiamento responsabile. Credo che lui abbia apprezzato e quindi abbia preso una decisione saggia e concreta per risolvere un problema reale». Parole di don Albino Bizzotto, leader dei “Beati i costruttori di Pace”, che da sempre difende i diritti dei più poveri, e anche delle famiglie nomadi.
Don Albino, entrato più volte in contrasto l’amministrazione, commenta positivamente la variante urbanistica: «Se fosse confermata dal consiglio comunale sarebbe una scelta positiva, che ovviamente condivido, e che dimostra che c’è la volontà di risolvere una questione delicata, per rasserenare gli animi e allenta la tensione in città. Purtroppo, quando il sindaco ha cercato altre soluzioni, magari spostando i nomadi nelle case popolari, ci sono state proteste e tensioni. Allora chiedo ai padovani: queste persone dovrebbero non esistere?». Una questione, quella di Rom e Sinti, che riguarda tutto il Veneto, secondo don Albino: «Io lavoro per loro in tutta la regione. E vedo con i miei occhi famiglie che non possono sostare in quasi nessun posto, se non acquistando i terreni. Alcuni lo fanno, ma poi capita che dal Comune non eroghino l’acqua. Non tutti poi possono permettersi di acquistare, perché la maggior parte è senza reddito, e per loro che facciamo?», chiede il sacerdote, chiudendo poi con la promessa di non smettere: «Queste persone esistono e io ho il dovere morale di seguirli e difendere i loro più elementari diritti umani».
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