Il “collettivo” dei nonni dà battaglia e fa riaprire il suo centro per anziani
La struttura di via Sanmicheli a Padova ha rischiato di non tornare operativa dopo il Covid.
Oggi accoglie una quarantina di persone dai 75 ai 90 anni che amano danzare

Ci sono luoghi che rappresentano porti sicuri, dove trovare la serenità, una manciata di allegria e una “famiglia” fatta di amici e persone con cui condividere un tratto di strada, magari due ore al pomeriggio. Uno di questi luoghi è un centro socioculturale per anziani, quello in via Michele Sanmicheli, che ha finalmente riaperto dopo il Covid, dopo aver rischiato di restare chiuso per sempre.
È frequentato da una quarantina di anziani, dai 75 a 90 anni, soprattutto donne: qui si balla, si sta assieme, si prende un tè, a volte si mangia la pizza assieme. Ma soprattutto si balla.
«Come molti centri socioculturali» racconta l’assessora Francesca Benciolini «anche questo è stato chiuso necessariamente durante la pandemia anche perché le persone che vengono qui erano parte della popolazione più fragile. Nel frattempo abbiamo visto che c’era bisogno di alcuni interventi: il pavimento aveva delle crepe e ballare era difficile; bisognava intervenire sul tetto, sull’illuminazione e sulla sicurezza. Abbiamo quindi preso la palla al balzo e cercato dei finanziamenti per rimetterlo a posto e trovato un’associazione che svolgesse la parte gestionale. Finalmente, grazie all’associazione Volta 2000 e al suo presidente Luigino Marchi, il centro è di nuovo aperto. La tenacia di tutti coloro che partecipano al centro è stata una delle molle su cui ci siamo mossi perché abbiamo capito che era un luogo di grandissima importanza per le relazioni che vi si creano all’interno».

I nonni all’assessora gliel’avevano fatto capire in tutti i modi che il centro era una faccenda improcrastinabile: «Quando il centro era chiuso mi mancava tantissimo, ho rischiato di ammalarmi» racconta Gelmina «qui si sta in compagnia, si chiacchiera e si balla, si ride e si scherza e si lasciano i pensieri a casa».
La storia di Gelmina non è l’unica. Anzi. L’assessora Benciolini lo sa così bene che ha ripreso in mano la mappatura di tutti i centri socioculturali della terza età in città: «In tutto sono una decina» riferisce l’amministratrice «c’è quello del quartiere 3 Est che si divide in quattro sedi – Mortise, Forcellini, Granze e Torre – poi ne abbiamo due all’Arcella – in uno dei quali si fa soprattutto ginnastica e conta più di 600 soci. E, ancora, uno al Portello, un altro alle Cave, uno in piazza Napoli e uno alla Mandria. Infine ce ne sono due gestiti direttamente dall’Auser, rispettivamente nel rione Armistizio e in via Astichello. Per quelli che avevano una solida base, riaprire dopo la pandemia è stato naturale: come Torre e l’Arcella. Per altri invece abbiamo dovuto pensare una rinascita. Ad esempio in via Coletti, al Portello, siamo riusciti a portare una chiave intergenerazionale con gli universitari. Alle Cave, invece, stiamo lavorando perché riapra dopo il Covid. Con questo obiettivo abbiamo fatto visita alla città di Bologna, che ha trasformato i suoi centri per anziani in case di quartiere. È una bella soluzione, ma va inserita nel territorio, secondo i suoi bisogni».
A fare la differenza come sempre le persone: in via Sanmicheli la logica è quella di trovarsi. Gianni, vedovo, rivela: «Se non ci fosse questo posto sarei sempre solo a casa. È una buona ginnastica per il corpo e per la mente, qui trovo la compagnia».
Grinta, allegria e si finisce per dimenticare pure l’età: Mariarosa, 89 anni tra poco, assicura: «Ballare mantiene giovani, io ballo tutto – dal latino al liscio – e gioco a carte».
Accanto a lei Marcello, 90 anni alla fine dell’anno, ballerino dall’età di 15 anni: «Sono qui con mia moglie Gabriella, stiamo insieme da 63 anni e il ballo ci unisce». Tra un passo e l’altro può sbocciare anche l’amore, in una dolcissima forma di tenerezza che nutre il cuore e allunga la vita.
Ma in pista scarseggiano i partner
Al centro socioculturale di via Michele Sanmicheli non si scherza solo su due cose: la solitudine – che per gli anziani può essere molto pesante da sopportare – e il ballo. E che manchino proprio i ballerini, non va bene per niente.
Certo, le signore non si fanno problemi a danzare in coppie formate da donne, ma vien da sé, i ballerini maschi sono super contesi e qualche volta devono chiedere permesso per riposare. Ecco perché Fernanda, signora elegante, che simpatia e determinazione ne ha da vendere, ha deciso di fare un appello: «Uomini, svegliatevi» scandisce «cerchiamo ballerini perché noi donne del centro socioculturale di via Sanmicheli siamo molto, ma molto, sveglie quando si tratta di ballare».
In attesa che si presentino lunghe code di signori che hanno piacere di fare due salti – morigerati – con le ballerine del centro, Gina ricorda giorni e orari di ritrovo: «Ci troviamo» ricorda «ogni lunedì, mercoledì e venerdì dalle 15 alle 18, 18.30, qualche volta perfino le 19, finché non si è stanchi insomma. Io che sono single, aspetto proprio che arrivi un cavaliere anche per me».
Non servono incentivi per convincere i nonni di tutto il quartiere (e anche oltre), ma una cosa è certa, il gruppo di via Michele Sanmicheli è affittato e spiritoso, una volta dentro è impossibile non tornare per respirare ancora quell’atmosfera di vitalità che allontana i brutti pensieri, lasciando spazio solo alle cose belle. —
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