Il ministro D'Incà: "Grave e intollerabile quella canzone razzista cantata dall'assessore Donazzan"

La referente per l'istruzione della giunta Zaia si è resa protagonista di una performance canora in cui esalta il fascismo. "Ma i valori della Resistenza sono i pilastri della nostra Costituzione"
L'assessore regionale Elena Donazzan
L'assessore regionale Elena Donazzan

Da diversi giorni il dibattito pubblico veneto ruota intorno alla vicenda che ha visto coinvolta l’assessore Donazzan, protagonista di una discutibile performance canora in cui ha esaltato il fascismo nel corso della trasmissione radiofonica “La zanzara”.

I partiti, in maniera quasi unanime, hanno preso le distanze dall’accaduto, condannando il fatto e chiedendo persino le dimissioni dell’assessore all’istruzione della Regione che, con tutta probabilità, non ha capito fino in fondo la gravità di quanto detto.

Per questo, al netto delle posizioni di ognuno e delle dinamiche politiche, che sarà la giunta a definire entro il 19 gennaio, corre l’obbligo di fare chiarezza su una vicenda che prima di tutto è culturale. Non la si può considerare una “leggerezza”, tanto più perché riguarda una donna delle istituzioni che per mandato, con disciplina e onore, deve occuparsi delle questioni che riguardano la scuola, i nostri giovani, la parte più esposta della società.

E la chiarezza sulla vicenda deve partire da alcune considerazioni: la prima riguarda le nostre istituzioni repubblicane, tutte e a tutti i livelli, che fondano il loro essere sull’antifascismo e sui valori portati avanti durante i due anni della lotta di Resistenza partigiana. Quei due anni hanno riscattato l’infamia del ventennio fascista, fin dall’inizio caratterizzato da omicidi politici, confino, prevaricazione e violenza, sospensione delle libertà personali e di espressione, da crimini coloniali e infine anche dalla vergogna delle leggi razziali. I valori della Resistenza sono i pilastri della nostra Costituzione Repubblicana, sulla quale giurano tutti gli eletti. Evidentemente è necessario doverlo spiegare ancora con forza, a distanza di 76 anni, visto che anche le scuse pervenute tardivamente sono inefficaci e di facciata.

Inoltre cantare “faccetta nera” significa, nella migliore delle ipotesi, non conoscere affatto la sciagurata vicenda coloniale italiana, con la quale il nostro Paese purtroppo ancora non ha fatto del tutto i conti. Vicenda che vide anche gli italiani “brava gente” macchiarsi di crimini odiosi, guidati dal generale Graziani, che non esitò a utilizzare gas tossici sulla popolazione inerme e ad autorizzare bombardamenti che non risparmiarono nemmeno la Croce Rossa. Per quei migliaia di civili morti, non è consentita alcuna ilarità, alcuna giustificazione personale, alcun distinguo.

Nel mese dedicato alla memoria, il mese in cui in tutto il mondo si ricorda la vergogna dei campi di internamento nazifascisti e l’olocausto degli ebrei, alcune parole scomposte di questi giorni risultano ancora più gravi e intollerabili. Sono urgenti iniziative serie e sentite per sanare questa ferita e diffondere tra le nuove generazioni gli unici valori condivisi e unificanti, ovvero quelli scritti nella nostra Costituzione.

Come sosteneva Vittorio Foa, uno dei padri fondatori della nostra Repubblica, esiste una differenza capitale tra fascismo e antifascismo: “i morti sono morti: rispettiamoli tutti. Ma se si parla di quando erano vivi, erano diversi. Se aveste vinto voi, io sarei ancora in prigione. Siccome abbiamo vinto noi, tu sei senatore”. —

* Ministro per i Rapporti con il Parlamento

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