Il poeta e il narratore, il centenario unisce i veneti Zanzotto e Rigoni Stern
Autori tanto diversi ma legati da profonde amicizia e stima, le celebrazioni e la polemica per i ritardi del Ministero

Mario Rigoni Stern e Andrea Zanzotto nel 2001, hanno appena firmato la botte del Premio Masi
L'ANNIVERSARIO
Andrea Zanzotto e Mario Rigoni Stern non sarebbero potuti essere fra loro più diversi, anche se erano nati ad appena venti giorni di distanza l’uno dall’altro (rispettivamente il 10 ottobre e il primo novembre di cento anni fa) e da sempre vengono accostati, in vita come nel ricordo, quando si parla di letteratura veneta: tanto il poeta di Pieve di Soligo aveva lo sguardo acuto, la capacità di guardare lontano, una grande erudizione, ed esibiva una fragilità fisica e psichica, in realtà solo apparenti, con un pessimismo di fondo temperato da qualche sprazzo di ironia, tanto il narratore dell’Altopiano mostrava nella vita e nelle opere la vocazione a guardare vicino ma ad andare in profondità, concretezza, resistenza, e una forza psichica che gli aveva reso possibile sopravvivere agli orrori della ritirata di Russia e a venti mesi di prigionia nei lager nazisti.
Ad accomunarli erano però una grande attenzione alla bellezza e alla fragilità della natura e una calda empatia con l’umanità vicina e lontana; e su queste basi si cementò fra di loro, fin dagli anni ’50, un’amicizia cordiale, alimentata da stima reciproca, che sarebbe durata fino alla fine.
«Nel dopoguerra c’erano tanti amici che salivano ad Asiago» così Andrea Zanzotto mi raccontò qualche anno fa il suo incontro con lo scrittore dell’Altopiano «perché Mario aveva avuto questo successo grandioso col Sergente e in molti, soprattutto simpatizzanti della sinistra, volevano incontrarlo e parlare con lui. Ci sono andato anch’io, più di una volta. Per me lui era inarrivabile in certe cose, e volevo capire la sua bravura letteraria: scriveva in un italiano limpido, perfetto, altro che “scrittore d’occasione” come l’aveva definito Vittorini. Nelle sue pagine ci faceva sentire quello che prima le fanfare, i cannoni e le campane non ci facevano ascoltare. Ma poi, oltre che come reduce di Russia, si è sempre più imposto come una figura unica nel panorama letterario per il suo attaccamento alla terra, al luogo nativo, ma anche l’amore per tutte le cose viventi».
Mario Rigoni Stern ricambiava con citazioni affettuose, come quella – molto in sintonia con questo freddo inverno sull’Altopiano – contenuta nelle prime pagine di “Stagioni”, in cui parla della sua vita, sempre accompagnata dalla neve: “In questi giorni è nevicato molto e sul mio tetto, sopra quella di dicembre, c’è più di un metro di neve fresca. Sono isolato dal paese. Da un libro traggo un foglio dove Andrea Zanzotto mi ha trascritto a mano una sua poesia: Gelo: / Stagione del candore / per le più variate nevi / mille stelle sorelle / verso me prendono il cammino”. E ogni anno, anche in quelli di penuria come racconta in “Amore di confine”, faceva avere “all’amico poeta” un vasetto del miele prodotto dalle sue api, finché (e lo confessò proprio a lui) a causa dell’età e degli acciacchi gli fu impossibile continuare a gestire il suoi alveari.
Come molte volte in passato – premi (il Masi, il Mazzotti), dialoghi in presenza e a distanza, antologie letterarie, le interviste di Marco Paolini per la regia di Carlo Mazzacurati – anche in questo centenario le loro strade si intrecciano: l’Università di Padova sta organizzando su di loro due convegni di studio, il 12 e 13 novembre per Zanzotto e il 17 e 18 dicembre per Rigoni Stern, con la stessa intestazione ( “Giornate per...”), relazioni dal titolo “Crescere e formarsi al tempo del fascismo”, “Esordire nell’Italia degli anni ’50”, “Integrato, isolato o marginale? , incentrata quest’ultima sulla loro fortuna e il loro ruolo nella società letteraria italiana del Secondo Novecento, e letture e spettacoli. Un terzo convegno il 25 e 26 aprile 2022, promosso per il centenario di Luigi Meneghello, completerà la triade dei grandi scrittori veneti del Novecento.
Ma ci sono anche numerose altre iniziative in preparazione, anche se un incomprensibile ritardo del Governo nel varo dei due Comitati per le celebrazioni nati sotto l’egida degli enti locali e della Regione sta rischiando di pregiudicarne l’avvio in tempo utile.
Per questo i due Comuni natali degli scrittori si stanno mobilitando presso il Ministero per stringere i tempi: «Sono allibito che a Roma si faccia fatica a costituire i Comitati per i due letterati più grandi del Novecento italiano» sibila Stefano Soldan, sindaco di Pieve di Soligo, paese che è anche alle prese con la candidatura a capitale italiana della cultura di cui in questi giorni sono in corso le audizioni, e che di Zanzotto deve ricordare anche il decennale della morte, avvenuta il 18 ottobre 2011, ad appena otto giorni dal suo novantesimo compleanno. Il Comune del Solighese aveva già programmato un’iniziativa in occasione della Giornata mondiale della poesia, il 21 marzo, che causa Covid dovrà sicuramente essere ridimensionata. Nel carnet delle iniziative ci saranno comunque delle attività nelle scuole, che richiameranno alcuni giovani artisti per realizzare installazioni nei luoghi del poeta; e altri eventi coinvolgeranno la Fondazione Querini Stampalia di Venezia, e saranno promossi dalla Fondazione Casa Natale di Andrea Zanzotto, che ne ha affidato la regia a Paolo Verri, direttore generale di Matera 2019. In Comune assicurano che continuano a pervenire dall’esterno proposte per ricordare il grande concittadino, come documentari, applicazioni, percorsi guidati.
Per quanto riguarda Rigoni Stern, dopo il Premio dedicato allo scrittore, che si sta ricalibrando sulle questioni della montagna e della sostenibilità ambientale, dal mese di novembre dovrebbero svolgersi in un arco di tempo di tre anni convegni, mostre, concorsi per le scuole, simposi internazionali, in collaborazione con le università Sapienza di Roma e Sorbona di Parigi. L’obiettivo del sindaco Roberto Rigoni Stern, presidente del Comitato per le celebrazioni, e di Michela Rodeghiero, consigliere delegato alla cultura, è riaffermare l’altopianesità di Rigoni Stern e insieme l’universalità del suo messaggio, soprattutto valorizzando proprio il tema del rapporto fra uomo e natura che era uno dei temi portanti della sua opera e il terreno di dialogo più fecondo con l’amico poeta solighese. —
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