Il teatro e le rivelazioni sul disastro Vajont, addio all’eroe nascosto Lorenzo Rizzato

PADOVA. Marco Paolini ha appena concluso la prova generale numero tre del suo Vajont, dopo le prime “emotive” a Longarone: siamo nel 1993 a Padova, sul palco dell’Oratorio di Santa Maria delle Grazie sede del Tpr, e parla rivolto alla platea di uno dei protagonisti del suo racconto «Qui in sala c’è l’uomo che ha svelato come il dramma del Vajont poteva essere evitato. Se vuole alzarsi può farlo».
Ma lui non lo fece: l’ex tecnico di Ingegneria idraulica e pure uomo di teatro di sperimentazione, fondatore nel 1964 del Teatro popolare di ricerca. Mantenne ancora per anni la consegna del silenzio in pubblico. Per un atto civile che gli costò otto giorni di galera al Castello Carrarese, un processo per furto di 4 anni e altrettanti di sospensione dal lavoro.
Quell’uomo era Lorenzo Rizzato, scomparso domenica pomeriggio a 88 anni, Lorenzaccio come firmava le sue regìe.

In quel momento Rizzato vide fondersi i due universi su cui è corsa la sua vita: il teatro e la tragedia della frana sul monte Toc.
Milioni di metri cubi a generare un’onda all’interno dell’invaso del Vajont, capace di scavalcare la diga che pur resse l’urto, rovesciandosi sulla valle sottostante travolgendo 1917 vite fra il paese Erto e la frazione Casso, e poi Longarone. Era il 9 ottobre 1963.
Non si rivelò Rizzato in quel trentennale, seduto nel suo teatro, ma tanti sapevano: ogni anno era invitato a Longarone con Tina Merlin, la giornalista che denunciò prima e solitaria i rischi della allora diga più alta al mondo.
Rizzato lo fece anni dopo (fu Minoli a svelarlo) e iniziò un orgoglio anche pubblico per il suo atto civile: due giorni dopo la strage sottrasse e consegnò alla stampa le relazioni di Augusto Ghetti sul modello idraulico costruito a Nove. La perizia che, a seconda dei materiali utilizzati, dimostrava il rischio con l’impiego di terreno compatto (risultato tenuto nascosto) o l’attenuava grazie alla ghiaia (risultato spedito al ministero) per permettere alla Sade di affermare l’inesistenza del pericolo. Fine dell’innocenza per le istituzioni come il Bo, in quegli anni positivi di boom inarrestabile.
Rizzato è figlio di attivisti antifascisti. Ed è Franco Busetto, l’onorevole del Pci a chiedergli di sottrarre quei lucidi e farne copie cianografiche, poi finite sul Giorno e sull’Unità a firma di Guido Nozzoli e Mario Passi.
Il contraccolpo scuote l’Italia, lo scandalo è enorme. La Sade (diventata Enel) sotto processo. Intanto però è Rizzato ad essere arrestato. Nel processo per direttissima viene assolto per insufficienza di prove. Verdetto non scalfito dai successivi gradi.

Rizzato ha 32 anni e si trova con la moglie Adriana due figli piccoli, Patrizia del 1964 e Pierantonio del 1966, uno stipendio congelato e 11 mila lire di assegni familiari con cui tirare avanti. Studi al Selvatico, giocatore di rugby al Cus, appassionato di architettura, progettista di gioiellerie del centro realizzate da uno zio falegname, Rizzato inizia l’avventura del Teatro Popolare di Ricerca in cui mette in scena l’amato Bertolt Brecht (L’eccezione e la regola, fra i successi). È ospite con i suoi compagni di avventura della Casa del Popolo di Camin ma poi i compagni del Pci pur di larghe vedute non capiscono quella gente in calzamaglia.
Primo palco in un magazzino di via Cristofori, poi la palazzina razionalista di via del Carmine (abbattuta, per far posto a una banca) per la quale mobilita politici e studenti, crea cortei a difesa di un bene, dibattiti infiniti, quando ancora non c’è amore per difendere una testimonianza del 900 con quelle finestre sugli angoli delle pareti. Il Tpr diventa pure Cut universitario nel 1971 grazie a Nin Scolari (docente a Geologia) e alla moglie Luciana. Partecipa e ospita festival europei. Quindi lo scisma per questioni di poetica che porta Scolari (ama Grotowski non Brecht) a fondare Teatrocontinuo: è la storia delle avanguardie in città. Rizzato fa scuola, alleva generazioni di attori, riscopre le favole del Gozzi, passa in eredità al figlio Pierantonio la passione. Nascono corsi per l’Ulss (pazienti psichiatrici) e l’università. Itinerante il Tpr si sposta in via Sorio e oggi al Sanclemente con gli eredi di Teatrocontinuo. Lorenzaccio continua l’attività, ma la scomparsa della moglie Adriana 8 anni fa è il primo colpo duro. L’altro ieri s’è spento. Giuliano Scabia ha scritto «Onore ad un grande combattente del teatro e della vita». Giovedì alle 11 il saluto alla Sala del Commiato in Cimitero Maggiore. ––
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