Il tribuno, gli scherzi la Rorida Begonia e la gloriosa banda Vitaliano Lenguazza

I racconti del chirurgo Ermanno Ancona «Quel missile russo “caduto” ad Albignasego» 

la storia

Gli anni Cinquanta sono il periodo d’oro della goliardia, al punto che lo stesso rettore dell’epoca Guido Ferro aveva escogitato uno stratagemma per ravvivare l’atmosfera dell’Ateneo, racconta Micaela De Col nella sua tesi di laurea “Usi e costumi della goliardia patavina dalla fine del XIX secolo ad oggi” pubblicata nel 1994.

Lo stratagemma consisteva in un carillon, piazzato sulla trecentesca torre del Bo accanto al campanone, che due volte al giorno, mattina e sera, suonava l’inno goliardico “Noi siamo le colonne...”. Intanto gli anni trascorrono tra feste delle matricole, aperture di anni accademici, carri, spettacoli e mostre.

All’epoca c’era il tribuno eletto dall’assemblea del tribunato (prima veniva eletto a bòtte nel senso letterale) e il Comitato 8 febbraio per le iniziative più goliardiche. «C’erano gruppi che si candidavano alle elezioni studentesche che si rifacevano ai partiti tradizionali» racconta Ermanno Ancona, chirurgo di chiarissima fama, 79 anni, tra gli altri incarichi è stato presidente della Società europea di chirurgia, ed è a tutt’oggi componente alla grancassa della gloriosa banda goliardica Vitaliano Lenguazza.

«Negli anni Cinquanta-Sessanta nacque la Rorida Begonia che voleva proprio contestare i riferimenti politici degli schieramenti della goliardia. Lo slogan era da questo punto di vista molto chiaro: “Se vuoi veder nuda la Sonia vota Rorida Begonia”. Alla fine i loro voti, in linea con lo spirito di burla, li mettevano in vendita». E Ancona, che nel ’62 era vice-tribuno, continua: «Mi ricordo un’iniziativa di cui ancor oggi vado fiero: facemmo in sala della Ragione una mostra di papiri di laurea dall’Ottocento, e poi nostre di pittura e fotografie studentesche».

Ma quell’anno passò anche alla storia per una delle più riuscite burle della goliardia, non troppo pubblicizzata e la cui matrice goliardica passò inizialmente sotto silenzio. «Abbiamo costruito una specie di terminale di missile usando un vecchio boiler dipinto di rosso con la scritta Cccp con dentro un meccanismo fumogeno collegato a un timer con un petardo. Con l’aiuto di Gigi Ventura, poi diventato un fisico. Di notte» sogghigna Ancona «l’abbiamo piazzato ad Albignasego, piantato a metà in terra e abbiamo pure spezzato i rami attorno come se fosse caduto dal cielo. Alle 3 di notte siamo andati via, io vestito in smoking perché reduce da una festa. La mattina dopo passiamo e troviamo il putiferio: la strada transennata, mezzi militari anche americani. Noi volevano raccontare tutto ma ci hanno detto che rischiavamo denunce. Anche perché, ma noi non lo sapevano, li vicino c’era un deposito di armi militari. Allarme totale. E noi zitti». Da tre anni stava facendo furore la polifonica Vitaliano Lenguazza, nata l’8 febbraio del 1958 da cinque goliardi (Carlo Barotti, Gigi Villani, Giampaolo Campesan, Marcello Zancan e Giorgio Rupolo) che vestiti in tight e bombetta con vecchi strumenti compreso un clacson degli anni Venti spopolano. Fino a oggi. —

A.PI.

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