Inaugurato il museo Morgagni con reperti di anatomia dell’800

PADOVA. Oltre 1.300 “gioielli” esposti con cura in luminose vetrine. Così vengono chiamati i pezzi della collezione di Anatomia Patologica, che da oggi fanno parte del nuovo Museo Morgagni in via Gabelli 61.
La raccolta racchiude reperti antichi, risalenti al 1800, testimonianza della continua ricerca nel campo della medicina patavina. Si tratta di pezzi unici nel loro genere che mostrano tumori, infiammazioni, disturbi circolatori e malformazioni di feti.
Una fotografia che riporta le condizioni di vita del XIX secolo a Padova. L’esposizione è stata inaugurataalla presenza di Gaetano Thiene, professore emerito di Anatomia patologica; Giovanna Valenzano, prorettrice al patrimonio artistico, musei e biblioteche; Sabino Iliceto, direttore del Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica e Cristina Basso, direttore Uoc Patologia Cardiovascolare.

Il Museo è dedicato alla figura di Giovanni Battista Morgagni (1682-1771) che a Padova, come docente di Anatomia, fondò l’anatomia patologica e il metodo anatomo-clinico.
«La nostra missione è produrre sapere e trasmetterlo, ma anche conservarlo», spiega il professor Thiene, «Nel corso della mia carriera ho chiesto a quattro rettori la possibilità di rivalorizzare la collezione, non ho mai ricevuto risposta. Poi ho capito che se vuoi qualcosa, il potere è nei dirigenti, spesso più ispirati delle istituzioni. La ristrutturazione è costata 80mila euro, in parte fondi privati e in parte dell’Università».
Oltre ai classici pannelli e didascalie, il museo sfrutta le nuove tecnologie multimediali come i QR code e la realtà aumentata. Un esempio: basta puntare la fotocamera del cellulare accanto al cranio di Morgagni e, attraverso un app gratuita, compare un video con la ricostruzione del volto dello scienziato.
«I reperti finora erano conservati in una sorta di magazzino, che fungeva da museo per gli addetti ai lavori», ammette il conservatore della mostra, il dottor Alberto Zanatta, «dal 2011 abbiamo iniziato a catalogare tutti i pezzi. Il sabato, la domenica e durante le vacanze. Un lavoro imponente, che ha prodotto due atlanti e molte pubblicazioni scientifiche».
«Ci trovavamo a pulire formalina con olio di gomito, fino a notte», aggiunge la professoressa Basso, «E’ un museo in evoluzione. Oltre ai reperti antichi, verranno esposte anche le tecnologie del futuro». Tra le curiosità, ci sono riproduzioni in cera di arti con il vaiolo. Servivano ai medici per capire da quali pustole ricavare la linfa per il vaccino.
E si può ammirare “La sucida punita”, un preparato di “anatomia artistica” realizzato da Ludovico Brunetti (primo cattedratico di Anatomia Patologica a Padova) nel 1863. Rappresenta una ragazza di 18 anni, rinvenuta annegata nel fiume che scorreva lungo la facciata dell’Ospedale Giustinianeo.
Durante l’autopsia Brunetti eseguì un calco in gesso del viso, scorticò la pelle e la trattò con etere solforico e acido tannico. Per nascondere le lacerazioni provocate dai ganci usati per recuperare il cadavere, rappresentò la punizione riservata all’inferno a chi commette suicidio. Serpenti tannizzati sembrano in procinto di divorare il volto. Il preparato, fece guadagnare a Brunetti un “Gran Prix” all’Esposizione Universale di Parigi nel 1867. Il museo è aperto su appuntamento.
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