Intascò 200mila euro dei clienti, broker di Fontaniva condannato a risarcirli

Aveva fatto sparire i risparmi di due trevigiani raccontando loro di averli investiti, Stefano Ceretta ora dovrà restituire tutto con gli interessi e pagare le spese legali



FONTANIVA. Aveva fatto sparire oltre 200 mila euro di risparmi a lui affidati da due trevigiani, intascandoseli anziché investirli per farli fruttare. Ieri il broker Stefano Ceretta, 51enne che ora abita nella centralissima piazza Giorgione a Castelfranco ma è originario di Fontaniva, è stato condannato con sentenza della Corte d’appello di Venezia, prima sezione civile, a restituire le somme di 123 mila 500 euro e 80 mila euro ai due trevigiani truffati, entrambi residenti a Castelfranco e difesi dall’avvocato Luca Simioni.

La sentenza

Non solo: la Corte d’appello di Venezia, riconosciute le condotte illecite di Ceretta, ex leader dei Forconi, lo ha condannato anche al risarcimento dei danni non patrimoniali liquidati in favore dei malcapitati nelle somme di 24 mila 700 euro e 16 mila euro.

Il tutto oltre agli interessi previsti per legge e la relativa rivalutazione monetaria, nonché alle spese processuali, che tra primo e secondo grado di giudizio ammontano a un importo totale di 27 mila e 520 euro.

Le somme

In tutto, senza contare gli accessori di legge, Ceretta dovrà quindi sborsare 271 mila 700 euro per pagare il conto con la giustizia e restituire i soldi che i due trevigiani avevano visto sfumare dopo averli affidati al “professionista” per investimenti in realtà mai effettuati. È stato riconosciuto dalla Corte che il broker infedele, dopo aver ricevuto somme di denaro, impegnandosi a impiegarle in investimenti finanziari particolarmente vantaggiosi, le aveva poi illegittimamente trattenute.

Giro di assegni

I versamenti venivano effettuati mediante assegni bancari senza indicazione del beneficiario, nei quali Ceretta indicava, poi, il proprio nominativo o quello di un altro soggetto con il quale era legato da rapporti di affari. Di fatto, le somme venivano, quindi, incassate e trattenute da Ceretta, anziché investite nei prodotti finanziari che il promotore con un passato da bancario proponeva di sottoscrivere ai suoi clienti.

Le indagini

I fatti sono stati accertati anche in seguito a complesse indagini effettuate dalla guardia di finanza, che ha ricostruito i movimenti bancari. La Corte d’appello ha accolto le domande degli attori ritenendo che la condotta di Ceretta abbia integrato una fattispecie di responsabilità contrattuale, così escludendo la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni che era stata eccepita in causa dallo stesso Ceretta come strategia difensiva. —


 

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