Jihadista espulso, nel pc gli obiettivi da colpire a Padova

Cacciato per ordine del Viminale un marocchino di Mortise

PADOVA. Vendeva pigiami e calzini, girava i mercati della provincia - Piove di Sacco e Abano in particolare - ed era questa, probabilmente, l’unica parte della sua vita che non destava sospetti.

Padova, espulso marocchino fondatore di un centro islamico

In casa, quando ancora era sposato, aveva ridotto la moglie a un fantasma dietro un velo, velo che imponeva anche alla figlioletta di soli quattro anni. Nel suo computer video e foto dei luoghi più affollati del centro di Padova e materiale informatico da cui emerge la volontà di compiere un “dovere” verso il proprio Paese, legato a un evento non precisato. Frequentava assiduamente il centro islamico “Al Hikmah” di via Turazza, di cui è stato fra i fondatori, aveva abbracciato l’ideologia jihadista e da oltre un anno spendeva gran parte della sua giornata in propaganda e proselitismo con video e messaggi in arabo che faceva girare sui social. Un trentaduenne marocchino, arrivato in Italia nel 2003 e residente a Padova, quartiere Mortise, è stato espulso. Caricato su un volo partito dall’aeroporto Malpensa di Milano diretto in Marocco, scortato dagli agenti della Questura di Padova. Espulso su decisione del ministro dell’Interno Marco Minniti per motivi di sicurezza dello Stato.

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Gli agenti della Digos hanno sequestrato parecchio materiale al nordafricano: video di propaganda contro l’Occidente, file audio con sermoni di Imam salafiti che incitano al martirio e giudicano infedeli gli islamici che si “confondono” e si attengono a modelli di vita occidentale. Video e foto che ritraggono i luoghi più affollati del centro città. E ancora, materiale informatico dal quale è emersa la volontà di compiere un “dovere” verso il proprio Paese, partecipando a un evento non meglio precisato. Un quadro allarmante quello ricostruito dalla Digos. Che non ha contestato comportamenti penalmente rilevanti, fondando tuttavia l’istanza inviata al Viminale su concreti elementi che hanno fatto ritenere il marocchino un potenziale pericolo. Un lupo solitario, lo descrivono gli agenti della Digos di Padova diretta dal vice questore aggiunto Carlo Ferretti. Non faceva parte di una rete organizzata il marocchino espulso, non era un reclutatore per conto del sedicente Stato Islamico. Un credente ottuso, quadrato: così viene descritto nel corso delle indagini a suo carico che sono iniziate a fine 2015. Seguace salafita considerava infedeli i non musulmani ma anche i musulmani che si avvicinavano agli infedeli. A Padova era arrivato nel 2007 e tre anni più tardi aveva spossato una giovane moldava dalla quale ha avuto una figlia. La separazione arriva dopo due anni, periodo in cui la moglie ha subito violenze fisiche ma anche psicologiche, costretta a indossare il velo, trasformata, o ridotta, a un accessorio della casa. Anche la figlia di quattro anni doveva indossare il velo ed è questa una delle motivazioni su cui il Tribunale dei minori di Venezia ha fondato il divieto di espatrio per la minore con il papà, per scongiurare il rischio che potesse portarla in Marocco. Gli agenti di polizia hanno sorpreso ieri mattina all’alba il trentaduenne nella sua casa di Mortise e ieri pomeriggio, come disposto dall’ordine di espulsione firmato dal ministro Minniti, è stato imbarcato su un volo diretto a Casablanca decollato dalla pista di Malpensa alle 17.10.

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«Non è il primo caso di espulsioni per motivi legati alla minaccia del terrorismo qui a Padova», il commento del Questore Gianfranco Bernabei, «l’attenzione rimane massima su questo fronte specie adesso, dopo l’ennesimo attentato (quello ai mercatini di Natale di Berlino e quello nel locale di Istanbul, ndr), continueremo il nostro lavoro per garantire la sicurezza delle nostre comunità».

Argomenti:terrorismo

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