La Chiesa di Padova bacchetta don Lorenzo
Sei regole per l’uso dei social. Don Marco Sanavio: «La violenza verbale genera altra violenza»

DON MARCO - MALAGOLI INTERVISTA DON MARCO S.ANNA DI PIOVE
Prima di scrivere qualcosa sui social, contate fino a sei e ricordate questi concetti: comprendere, bene/male, percezione, violenza, verifica, rispetto. È l’invito della diocesi di Padova, che ieri ha pubblicato sul proprio sito un’infografica (chiamata “Ethical Brainframe”) sull’etica nel web: l’immagine mostra un cervello a cui si collegano le sei parole chiave, o meglio i sei consigli, per vivere con più responsabilità l’ambiente digitale.
La proposta della diocesi è nata nel corso del DigitalMeet (festival di divulgazione digitale organizzato dalla Fondazione Comunica), e prende spunto da una serie di casi molto concreti. «Pensiamo a un fatto di cronaca recente», spiega don Marco Sanavio, curatore del progetto: «nei giorni scorsi don Lorenzo Guidotti, sacerdote di Bologna, aveva pubblicato un post su Facebook che accusava una ragazza vittima di stupro per il suo stile di vita. Successivamente è stato al centro di un’animata reazione. Ecco, questo è proprio il tipico caso di polarizzazione del pensiero sul proprio sentimento, piuttosto che sulla persona che stiamo prendendo di mira. Ogni violenza, anche verbale, non può che scatenare altra violenza».
Ultimamente», aggiunge Sanavio, «è spesso bersaglio di offese anche Papa Francesco, che sta ricevendo critiche molto pesanti. Ma pensiamo anche a tutti i casi di bullismo in rete, che stanno provocando ferite gravissime tra gli adolescenti, con un numero crescente di tentativi di suicidio».
Il tema della violenza in rete si allarga poi ai videogiochi, che sono stati in realtà, in occasione del DigitalMeet, proprio il punto di partenza: «Ce ne sono di molto duri», spiega ancora don Marco Sanavio, «alcuni propongono uccisioni, ferimenti, violenze anche sessuali. Sull’impatto che hanno sui giocatori, il mondo degli psicologi si divide: c’è chi ritiene che lo mettano di fronte ad un percorso catartico, durante il quale si sfoga giocando e basta; altri, invece, dicono che comunque da questi giochi scaturisce un sentimento negativo. Se giochiamo, è perché proviamo piacere, proprio di fronte alla brutalità. E qui l’etica e la religione ci spingono a farci qualche domanda. A cui risponderei ricordando i casi, ormai numerosi all’estero, di stragi nelle scuole, ad opera di ragazzini armati».
L’argomento tornerà in discussione venerdì in fiera, alle 14.30, in occasione di Expo Scuola: oltre a don Sanavio ci saranno polizia postale, associazioni di genitori e psicologi, per aprire un dibattito sui così detti “giochi autolesionistici”, come il tristemente noto “blue whale”.
Silvia Quaranta
Argomenti:chiesa
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