La corte di Ca’ Lando diventa laboratorio per la rigenerazione urbanistica e sociale

La chiesetta sconsacrata affidata dal Comune all’Università Sarà luogo di studio e manterrà la sua funzione storica
Cristiano Cadoni



La risposta è la cura, è il rammendo. Nelle periferie urbane come in quelle sociali, lì dove le fragilità sono più evidenti, diventa più necessario sfruttare i saperi e una certa dose di creatività per ricucire gli strappi e far rifiorire le relazioni. Queste buone intenzioni da ieri hanno una casa a Padova, in un luogo che da quasi 500 anni ha una funzione caritativa e che in questo tempo ha difeso intatta la sua bellezza architettonica.



È la corte di Ca’ Lando, in via Gabelli, lasciata in eredità nel 1534 dal nobile Marco Lando perché fosse destinata a ospitare famiglie numerose in stato di bisogno. È un complesso incantevole, e poco conosciuto anche a molti padovani, all’interno del quale si affacciano dodici unità abitative da 250 metri quadri circa, che oggi sono sede di nove associazioni ma anche residenze protette. Vi abitano persone con disabilità, alcune da più di 25 anni, e presto arriveranno anche famiglie nei due edifici liberi. Ma la novità è che la chiesa sconsacrata, anch’essa di gran pregio, grazie a una convenzione fra Comune e Università, diventa sede di un’aula laboratorio dove gli studenti e i neo laureati del dipartimento di Ingegneria civile edile e ambientale, e in particolare quelli del corso di Ingegneria edile e architettura, potranno studiare, progettare, costruire, organizzare mostre e seminari. Un luogo del sapere e del fare. La missione del quale sarà prima di tutto quella di ricucire strappi, con quell’urbanistica solidale che la città ha imparato a conoscere negli ultimi anni grazie agli interventi di rigenerazione urbana del progetto G124 voluto e sostenuto da Renzo Piano. E proprio i gruppi di lavoro del G124 avranno sede qui.



I termini dell’operazione sono semplici: il Comune presta la chiesa al dipartimento che farà vivere l’intero spazio, corte compresa, con la presenza degli studenti. Sarà un luogo aperto, frequentato, vivo e questo beneficio sarà immediato, prima ancora che qualsiasi progetto sia realizzato. «L’abbiamo immaginato come un luogo di dialogo sulle fragilità, sulle periferie», dice l’assessore alla Cultura, Andrea Colasio. «Ed è bello che veda impegnati insieme il Comune e l’Università, due istituzioni che devono integrare sempre di più le loro competenze e le loro funzioni per arrivare a politiche pubbliche più efficaci». Stefano Zaggia, presidente del corso di laurea, vede già le ricadute pratiche di questo confronto: «A cominciare da quello che succederà in questo spazio, credo che ci saranno tante azioni concrete a livello culturale, progettuale». Edoardo Narne, docente e coordinatore del gruppo G124, ha la faccia di chi sta realizzando un sogno: «Sono almeno dieci anni che immaginiamo un luogo in cui lavorare con gli studenti, organizzare mostre e ricerche e dialogare con le associazioni per far nascere idee e progetti con cui prenderci cura dei luoghi e delle persone. La nostra sarà un’architettura solidale».



La presenza delle associazioni intorno alla stessa corte e l’arrivo di famiglie che beneficeranno di progetti di accompagnamento all’abitare promette un arricchimento reciproco. «Per noi è l’occasione di rendere più viva la comunità, che rischiava di essere un po’ chiusa nei suoi spazi», dicono dall’Anffas. «È bello immaginare che in questa corte possa nascere una comunità che condivide momenti e incontri», aggiunge l’assessore al Sociale, Marta Nalin. «Stiamo avvicinando la cultura e la didattica al sociale, alla vita. Speriamo che tutti si sentano coinvolti e siano insieme protagonisti». —

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