La figlia di Davanzo boccia Leroy Merlin all’ex Boario

«L’ex foro Boario di mio padre, così come altre architetture del ‘900, rischia di essere cancellato dall’arroganza del presente, dall’incapacità di capirne il valore e quindi di salvaguardarlo. È una sfida importantissima per Padova». Martina Davanzo, figlia, anche d’arte, dell’architetto trevigiano Giuseppe Davanzo, si scaglia contro il centro commerciale Leroy Merlin che, a breve, sarà ospitato nell’area di corso Australia a Padova. L’occasione è una mostra, inaugurata ieri allo Iuav di Venezia, dedicata al padre a dieci anni dalla sua scomparsa. «Un evento come questo è importante anche per lo spunto di riflessione che dà. È vero - continua Davanzo - che dopo tanti anni c’è un’occasione concreta di recupero: un bene, da un lato; un rischio enorme, dall’altro. L’amministrazione deve giocare la sua parte, dev’essere consapevole di rappresentare i cittadini e quindi la proprietà del bene».
La scorsa estate, infatti, il colosso francese si è aggiudicato il bando di riqualificazione del complesso con un preventivo di 33 milioni di euro. La data d’avvio per i lavori è fissata a giugno 2018, e l’operazione dovrebbe protrarsi per circa un anno e mezzo. Lo spazio maggiore sarà quello destinato al parco commerciale (32 mila metri quadri), servito da un parcheggio da 14 mila metri quadri. È previsto anche il nuovo Planetario, attività correlate al centro commerciale (bar e ristoranti) e il nuovo teatro Geox (non più tensostruttura ma un vero e proprio stabile, servito da un piccolo albergo). Oltre alla prospettiva di 400 nuovi posti di lavoro, per la realizzazione del progetto sarà modificata la viabilità con un cavalcavia che scavalcherà la tangenziale.
La vicenda del recupero dell’ex foro Boario, secondo la figlia dell’architetto trevigiano, può diventare un paradigma per il patrimonio architettonico dismesso. «Il rischio – conclude - è quello di adeguarsi all’andazzo corrente. Ma questa mostra fa capire che non si tratta di un capannone qualsiasi da riempire». A dieci anni dalla scomparsa di Giuseppe Davanzo, assistente di Carlo Scarpa e per molti anni professore all’istituto veneziano, la mostra “Il foro Boario di Bepi Davanzo, metrica di un’architettura sospesa” (con i materiali dell’Archivio progetti Iuav) ripercorre le forme avanguardistiche del complesso padovano. La prima parte è dedicata alle caratteristiche fisiche dell’edificio e al suo progetto. Una serie di foto e di articoli d’epoca raccontano le fasi di realizzazione del cantiere. Accanto, le testimonianze del degrado che ha colpito l’edificio di 236mila metri quadri. Il foro, infatti, non è mai stato restaurato e ripensato. «Ci siamo interrogati – spiega la curatrice della mostra, Roberta Albiero – sull’identità futura delle architetture abbandonate del XX secolo. Gli studenti hanno realizzato alcune proposte legate al tema della sostenibilità ambientale e del riutilizzo urbano».
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