La filosofia gender

Gli studi avviati negli anni Settanta in Nord America, e poi diffusisi in Europa, sul significato socio-culturale della sessualità e dell'identità di genere

PADOVA. Gli studi di genere o gender studies, come vengono chiamati nel mondo anglosassone, rappresentano un approccio multidisciplinare e interdisciplinare allo studio dei significati socio-culturali della sessualità e dell'identità di genere.

Nati in Nord America a cavallo tra gli anni settanta e ottanta nell'ambito degli studi culturali, si diffondono in Europa Occidentale negli anni ottanta. Si sviluppano a partire da un certo filone del pensiero femminista e trovano spunti fondamentali nel post-strutturalismo e decostruzionismo francese (soprattutto Michel Foucault e Jacques Derrida), negli studi che uniscono psicologia e linguaggio (Jacques Lacan e, in una prospettiva postlacaniana, Julia Kristeva). Di importanza specifica per gli studi di genere sono anche gli studi gay e lesbici e il postmodernismo.

Questi studi non costituiscono un campo di sapere a sé stante, ma rappresentano innanzitutto una modalità di interpretazione. Sono il risultato di un incrocio di metodologie differenti che abbracciano diversi aspetti della vita umana, della produzione delle identità e del rapporto tra individuo e società, tra individuo e cultura. Per questo motivo una lettura gender sensitive, attenta agli aspetti di genere, è applicabile a pressoché qualunque branca delle scienze umane, sociali, psicologiche e letterarie, dalla sociologia alle scienze etno-antropologiche, alla letteratura, alla filosofia, alla teologia, alla politica, alla demografia ecc.

Soprattutto ai loro inizi, ma in parte anche oggigiorno, gli studi di genere sono caratterizzati da una impronta politica ed emancipativa. Sono infatti strettamente connessi alla condizione femminile e a quella di soggetti minoritari. Non si limitano quindi a proporre teorie e applicarle all'analisi della cultura, ma mirano anche a realizzare cambiamenti in ambito della mentalità e della società. Sono strettamente legati ai movimenti di emancipazione femminile, omosessuale e delle minoranze etniche e linguistiche e spesso si occupano di problematiche connesse a oppressione razziale ed etnica, sviluppo delle società postcoloniali e globalizzazione.

Intanto torna proprio in queste ore alla Camera, per la terza e ultima lettura, la riforma per la "buona scuola" del governo Renzi che affronta la questione gender proponendo la liberalizzazione dei piani dell'offerta formativa delle scuole, nel quadro della loro maggiore autonomia.

Oggi è stata diffusa una circolare che chiarisce che "le famiglie hanno il diritto, ma anche il dovere, di conoscere prima dell'iscrizione dei propri figli a scuola i contenuti del piano dell'offerta formativa e, per la scuola secondaria, sottoscrivere formalmente il Patto educativo di corresponsabilità per condividere in maniera dettagliata diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie".

Alla vigilia del voto finale della Camera sulla riforma della scuola, i promotori della manifestazione di Piazza San Giovanni a Roma del 20 giugno "Difendiamo i nostri figli" puntano l'attenzione sul contenuto del provvedimento. La circolare del ministero - sollecitata proprio dal comitato - non riduce le perplessità: "Auspichiamo che il ministro e, per suo tramite, il governo, mantengano le promesse fatte al popolo di piazza San Giovanni e vadano oltre un semplice atto amministrativo puntando a tradurre quell'impegno in una norma di legge, da inserire in un provvedimento di imminente approvazione".


 

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova