La grande bellezza che infine salvò Venezia

VENEZIA. Si chiama “Venezia salva” la nuova esperienza artistica di Serena Nono, pittrice veneziana, figlia del compositore Luigi Nono, che debutta nel lungometraggio di fiction dopo aver realizzato due documentari nel 2007 (Ospiti) e nel 2009 (Via della Croce). Il film, selezionato come evento speciale alle Giornate degli Autori - la rassegna parallela alla selezione ufficiale della Mostra del Cinema - è liberamente tratto dall’omonima tragedia di Simone Weil e racconta il tentato sacco di Venezia nel 1618 da parte della Spagna, quando un gruppo di congiurati al soldo dell’ambasciatore spagnolo e del vicerè di Napoli ordirono un piano per conquistare la Serenissima. La cospirazione, che avrebbe dovuto svolgersi nella notte che precede la Festa della Sensa, fallì e si ritorse contro i congiurati che vennero arrestati e uccisi.
Serena Nono si muove lungo due precise direttrici etiche ed estetiche. In primo luogo, il film sviluppa e porta a compimento il progetto di collaborazione (già iniziato all’epoca dei documentari) con la Casa dell’Ospitalità di Venezia e Mestre, struttura che accoglie le persone senza fissa dimora, trasformatasi nel tempo da asilo notturno a vera e propria comunità. Sono gli ospiti della Casa, infatti, a partecipare al film in veste di attori, affiancati da interpreti professionisti (tra cui David Riondino, anche nel ruolo di produttore). La loro condizione - reale - di uomini che recano i segni di vite che hanno conosciuto il disagio, il dolore e la sofferenza - come, nella finzione, i congiurati del film - marca il senso di una rappresentazione in cui gli attori interpretano ruoli ma, in fondo, restano se stessi, rifuggendo la contraffazione di un metodo e preservando la purezza di un film “povero” ma visivamente ricchissimo.
«Sono persone» rivela l’autrice «che hanno alle spalle le storie più diverse. Non sono barboni e, sotto questo profilo, dovrebbe essere smontato una volta per tutte dalla coscienza civile il luogo comune secondo cui chi non ha una fissa dimora è un barbone. Spesso si tratta di persone che hanno perso il lavoro, che faticano e soffrono e, forse, proprio per questo, hanno una sensibilità più accentuata. Insieme a molti di loro, abbiamo cominciato a lavorare sul testo di “Venezia salva”, a comprendere il pensiero della sua autrice senza sapere esattamente dove stavamo andando. Dopo le prove al teatro Groggia, abbiamo ricevuto il finanziamento dalla Rai e il nostro progetto ha preso la strada del cinema. Un passo quasi naturale per chi, come me, viene dalla pittura».
Ed è proprio l’occhio artistico di Serena Nono, sotto il profilo estetico, a connotare l’opera come un viaggio nei linguaggi dell’immagine (dal teatro alla pittura, dalla musica all’immagine in movimento), pur rimanendo fedele alla struttura della tragedia in tre atti, con prologo e stasimi. Secondo quella fissità classica, quella “non azione agente” che costituisce il grande tema di Simone Weil in “Venezia salva”.
Una visione pittorica della città (evidente nella tipologia di inquadratura e nella attenzione per il ritratto) che si propone di rivelarne la grande bellezza, anche attraverso la violenza (dei congiurati prima e contro di loro, poi) e una recitazione volutamente dissonante con gli ospiti attori che parlano lingue diverse in modo da ottenere una spiazzante distonia di accenti.
«È una storia di rinuncia al potere per la bellezza di una città di cui ho voluto descrivere il fermento e la forza culturale. Di fronte a questa immagine di Venezia, il protagonista del film fa fallire la cospirazione, subendo a sua volta la ritorsione di coloro che voleva annientare. Non c’è redenzione, non c’è una catarsi: è una riflessione sullo sradicamento (dei soldati di ventura ma anche della popolazione che si vorrebbe sottomettere) e sulla forza che cede il passo alla magnificenza e alla ricchezza di una città. È un momento di conversione al bello, anche se la violenza prosegue ignorando quel momento. Come, forse, nella crocifissione».
Venezia è, insieme, il cuore pulsante del film e il personaggio principale, scoperta, esplorata nei suoi luoghi più conosciuti come in quelli più nascosti. Ci sono il Palazzo Ducale e il teatrino Groggia, la libreria Acqua Alta e il teatro dei Frari, la taverna Remer e i chiostri di San Francesco della Vigna: «Il tutto» conclude la regista «nel nome di una sinergia, tra istituzioni e privati, assoluta e meravigliosa. Dalla Fenice che ci ha prestato i costumi, al Comune di Venezia e alla Film Commission che ci hanno supportato. Fino a coinvolgere la gente comune che ha messo a disposizione persino la propria casa. “Venezia salva” è tutte queste persone”.
Nel costante dialogo tra cinema e pittura, Serena Nono ha anche realizzato un accuratissimo storyboard composto da 283 acquerelli che saranno esposti alla Galleria Traghetto a San Marco dal 25 agosto al 10 settembre.
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