La prima adunata di Sebastiano Favero

PORDENONE. Trevigiano di Possagno, ingegnere di 65 anni, Sebastiano Favero è dal 19 maggio 2013 il capo degli alpini d’Italia. Questa è la sua prima adunata da presidente nazionale.
Allievo del 74esimo Corso Auc è passato, con i gradi di sottotenente, al 7° Reggimento alpini, brigata Pieve di Cadore, dove, nella compagnia mortai, ha ricoperto per quattro mesi l’incarico di vice comandante. Iscritto all’Ana dal 1974 è stato consigliere del gruppo di Possagno dal 1978, consigliere della sezione di Bassano dal 1989 e capogruppo dal 1990. Ha legato il suo nome soprattutto al recupero di mille metri di trincea sul Monte Palon, nel massiccio del Grappa, e alla valorizzazione di 300 metri di gallerie e appostamenti della prima guerra mondiale. E’ stato membro della commissione Rossosch, contribuendo come co–progettista e co-direttore dei lavori insieme allo zio Bortolo Busnardo, indimenticato «padre» dell’Adunata di Bassano del Grappa. Nel biennio 2010-2011 è stato vicepresidente dell’Ana nazionale e in quello successivo vicepresidente vicario dell’Ana.
Presidente, qual è il suo stato d’animo?
«Una grande emozione, certamente. Ma anche una grande serenità e fiducia: conosco gli alpini e so che tutto andrà per il verso giusto».
Qual è il senso di questa Adunata nazionale?
«Ogni anno diamo un tema al nostro appuntamento. Quest’anno è: “Gli Alpini, esempio per l’Italia”. Ma l’Adunata è soprattutto il principale momento di incontro degli alpini di tutta Italia e di tutto il mondo. Tutto l’anno lavorano in maniera silenziosa ed ogni anno ribadiscono i sentimenti di amicizia e solidarietà».
Perché l’immagine degli alpini è ancora inchiodata al bere vino e al divertimento?
«É un’immagine che non corrisponde alla realtà, che solo chi non frequenta e non conosce gli alpini trasmette. L’alpino non disdegna l’ombra di vino: ma sempre dopo aver fatto il proprio dovere. Prima si lavora per gli altri, poi si sta insieme in amicizia, si mangia pan e sopressa e si fa una bella cantata: questo è lo spirito alpino».
La sua presidenza cercherà di modificare questa oleografia? «Spero di contribuire a trasmettere un’immagine più veritiera degli alpini. Durante le adunate ci può essere qualche momento particolarmente festaiolo, ma di solito i comportamenti meno consoni arrivano da compagnie che nulla hanno a che fare con le Penne nere»
Perché l’adunata a Pordenone?
«La sezione lo chiedeva da molti anni: era giusto che riconoscessimo il valore di questi alpini, solidi e generosi, che hanno mostrato e profuso un grandissimo impegno nelle mille iniziative di solidarietà che stiamo accompagnando. Una grande e bella sezione, davvero»
Verrà il presidente del Consglio?
«Non ho conferme in questo senso, ma nemmeno smentite: sono abituato a pensare positivo. Noi abbiamo trasmesso il nostro invito, in via ufficiale. Sono molti anni che il presidente del Consiglio manca a un’Adunata nazionale e forse i premier avrebbero fatto bene a partecipare alle adunate degli anni scorsi: avrebbe fatto bene a loro e anche all’Italia. L’avrebbero capita meglio».
L’Adunata è anche un oceano di bandiere tricolore: come si concilia questo sentimento popolare con il desiderio di indipendenza espresso dal Veneto e dal Friuli?
«Pordenone è già un tripudio di tricolori. Gli alpini da sempre hanno tre simboli: l’onore alla bandiera, il ricordo dei caduti, il momento religioso. Comprendiamo il desiderio di autonomia ma l’Italia è e resta la nostra Patria e il tricolore la nostra bandiera».
Daniele Ferrazza
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