La scelta di Luxottica: via da Confindustria

Iscritti in flessione dell’11 per cento all'associazione di viale dell'Astronomia, la presidente di Treviso Piovesana: «Non sappiamo le ragioni, approfondiremo»

VENEZIA. Luxottica se ne è andata alla maniera veneta: in silenzio, senza strappi e senza far rumore. Così la Confindustria di Belluno ha incassato il colpo e quietamente scelto la via del «no comment». Mentre Maria Cristina Piovesana, ai vertici di Unindustria Treviso prossima alla fusione con Padova, chiarisce: «Al momento c’è solo una disdetta e assai poco da commentare. Non ne conosciamo le ragioni, nei prossimi giorni cercheremo di capire».

Il Veneto confindustriale perde il suo colosso alla stregua della Fiat, la portabandiera dell’industria italiana, che nel 2012 diede il benservito all’associazione di viale dell’Astronomia. Ma allora furono fuoco e fiamme, perché Fiat se ne andò dal salotto dell’industria italiana sbattendo sonoramente la porta. «Il nostro è un addio ufficiale, non faremo entrate e uscite», scrisse sei anni fa Sergio Marchionne all’allora presidente Emma Marcegaglia che replicava bruscamente: «Non ne condividiamo le ragioni».

I segnali di malessere lanciati da Fiat erano chiari e cristallini, così come poi la scelta di emigrare a Detroit perché «Fiat non può permettersi di operare in Italia in un quadro di incertezze» riportava la missiva.

Anche Luxottica ora emigrerà in Francia?

Appena la Cina, anzi l’Antitrust cinese, darà il suo ok alla fusione con Essilor si potrà completare il grande disegno del polo europeo degli occhiali. Un’operazione disegnata da Leonardo del Vecchio dal respiro europeo che però, all’inizio, aveva fatto addirittura temere un addio di Luxottica da Piazza Affari. Poi però l’imprenditore di Agordo ha aperto alla doppia quotazione: Parigi e Milano. E oggi fonti autorevoli confermano: l’uscita di Luxottica da Confindustria - in realtà dalle territoriali di Belluno, Treviso, Trento e Torino dove ci sono gli stabilimenti, mentre resterà iscritta all’associazione di categoria Anfao, necessaria per il mantenimento del contratto di settore - non ha nulla a che fare con l’operazione Essilor e la paura di veder emigrare in Francia il gioiello dell’occhialeria made in Veneto.

Luxottica non ha “semplicemente” rinnovato le quote associative e l’ha scritto così, senza polemiche. Una questione di «semplificazione e ordine» spiegano i ben informati «che l’azienda si augurava passasse quasi sottotraccia». Luxottica non ha mai esercitato un’azione di primo piano, non ha mai avuto né voluto ruoli confindustriali, notano i commentatori. Ha fatto la “semplice” iscritta.

Ma il peso della sua uscita non è trascurabile: si tratta della prima azienda del comparto, la maggiore, quanto a dimensioni, del Veneto, un’azienda capofila di distretto, di certo un modello per altre imprese, nonché gruppo di indiscutibile leadership nazionale e internazionale. Ecco cos’è Luxottica per l’industria italiana.

Ma non è l’unico exit: nel 2016 è scappata quasi tutta l’industria nautica dall’associazione degli industriali. Se ne sono andate Salini Impregilo (ha lasciato l’Ance), Amplifon, la Cartiere Piegna, la padovana Morellato. Poi ci sono i mal di pancia ciclici: come quello di Finmeccanica e Barilla: «Così com’è Confindustria non funziona» aveva chiarito l’imprenditore della pasta made in Italy. O di Fincantieri che anni fa decise di sospendere per protesta il pagamento delle quote associative per le territoriali di Genova e Gorizia. A fine 2016 Confindustria contava 59.922 iscritti. Erano 67.591 nel 2012. Significa -11%. Colpa della crisi? In parte e finora il Veneto regge (-1,5%) grazie, soprattutto, a Verona e Treviso.

Argomenti:economia

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova