La visita oculistica non viene fatta e la bambina diventa cieca. Condannata l’Usl 6

Corte d’Appello: la colpa è di un controllo non eseguito. L’azienda sanitaria dovrà sborsare 1,7 milioni di risarcimento

CAMPOSAMPIERO. Una visita oculistica non fatta è costata la cecità totale per distacco bilaterale della retina, a una bimba nata prematura, che ne ha avuto la vita segnata.

Di questo si è convinta anche la Corte d’Appello di Venezia, che ha condannato l’Usl 6 Euganea a risarcire 1, 7 milioni di euro (più interessi e rivalutazioni) alla bimba, ai suoi genitori, ai nonni e alla sorellina.

Cosa è accaduto? G. C. e la sua gemella E. sono nate premature alla 24ma settimana all’Ospedale Villa Salus di Mestre, nell’agosto del 2007.

Due scriccioli di poco più di 30 centimetri per 630 grammi di peso, bisognose di cure ad alta specializzazione, tanto da essere subito trasferite d’urgenza alla Terapia intensiva neonatale di Camposampiero: la mortalità in questi casi è alta, come pure il rischio di complicazioni.

I medici sono riusciti a salvare le due bimbe, ma se una delle gemelline è cresciuta sana, l’altra è rimasta cieca. Inevitabile? No, poteva andare altrimenti – sostiene ora la Corte – se alle tre visite oculistiche effettuate alla piccola, fosse seguita la quarta prevista dalle raccomandazioni, ma che non venne fatta, convinti che il rischio fosse cessato.

«Anche se pare ingeneroso a fronte dell’impegno profuso per salvare la vita a G.», si legge nella sentenza d’appello, «l’omissione non derivò affatto dall’impossibilità di eseguire un ulteriore controllo oftlamico e da imperizia, ma da superficiale e negligente sopravvalutazione degli esiti tranquillizzanti delle precedenti visite. I sanitari – nonostante la conoscenza che la più grave forma di retinopatia era complicanza subdola proprio per bimbi come G. – non seguirono le raccomandazioni che indicavano la necessità di ripetuti e frequenti controlli fino alla completa vascolizzazione retinica».

G. è diventata cieca, le sue capacità cognitive risultano compromesse – conclude la Corte – «con tutto ciò che ne consegue nell’impossibilità di godere di una vita normale, andare al cinema, uscire in maniera autonoma, relazionarsi con i coetanei, praticare attività sportive e ludiche ».

«Mentre la gemellina E. – si sviluppò normalmente», racconta l’avvocato Enrico Cornelio, legale della famiglia, «G. nei primi due mesi di vita sviluppò una malattia ben nota nei bimbi prematuri sottoposti a somministrazione artificiale di ossigeno: la “retinoftalmopatia del prematuro”, che si manifesta al momento della riduzione di ossigeno somministrato». In questo caso, la retina si “accartoccia”, con conseguente distacco e cecità. Bilaterale, nel caso di G.

«La malattia è nota e va trattata con continui controlli», prosegue il legale, «anche intervenendo con il laser per asportare le parti non funzionanti della retina. Purtroppo dopo tre visite oculistiche a distanza di una settimana l’una dall’altra G. non venne più visitata perché – non avendo presentato problemi – la cosa venne sottovalutata. Nessuno si accorse che aveva sviluppato la malattia». In primo grado, l’Usl venne condannata risarcire 800 mila euro. La stessa Usl e la famiglia hanno presentato appello. Ora la condanna dell’Usl 6 a risarcire alla bimba 1,153 milioni, 260 mila euro ai genitori, 60 mila euro a testa ai due nonni materni e alla gemellina. —




 

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