L’addio degli amici a Dario “the great”: «Incarnavi la libertà»

SAN GIORGIO IN BOSCO. L'insostenibile dolore degli amici e l'infinita leggerezza di Dario, capace di generare anche nello strazio della fine voglia di vivere e di essere liberi. La famiglia - la mamma Manuela, i fratelli Daniele e Damiano - avevano chiesto "sorrisi", ed è stato un addio ricco di calore, di amicizia e di dolce leggerezza esistenziale quello dato ieri pomeriggio a Dario Zanon, il 32enne originario di Lobia che da dieci anni si arrampicava e volava in tutto il mondo.
Si è schiantato con la sua tuta alare la scorsa settimana sulle alpi francesi, mercoledì è stato cremato a Chamonix, ieri il commiato. C'erano tantissime persone, in un silenzio irreale, pieno di commozione e compostezza. Dopo il funerale gli amici si sono fermati in piazza, dove in questi giorni sono stati allestiti gli stand per la sagra. Dario tornava in paese un paio di volte l'anno, spesso in coincidenza con la festa paesana e l'evento dei giovani, l'Aibol: notti passate sotto il campanile, a parlare di tutto, a ridere e ad approfondire l'amore, il mondo, le cose della vita. Per chi entrava in chiesa, ieri, tanti origami colorati, tanti cigni, o gabbiani: perché Dario era la dimostrazione che volare è possibile, per chi lo vuole davvero.
«Ragazzi, non fuggite il dolore, lasciate che le lacrime vi lavino gli occhi, vi permetteranno di vedere meglio la verità che rende liberi», l'appello lanciato dal parroco, don Bruno Sette. Fuori, per ore, sono girati i video delle sue imprese, le foto, si è ascoltato musica, si è bevuta qualche birra in compagnia. Senza retorica, in un misto di abbracci e chiacchiere, ricordi e sguardi complici. Tanti amici si sono stretti, si sono sentiti più vicini: «Dario era un talento meraviglioso, ci dicevamo sempre che "lui ce l'aveva fatta", lui aveva avuto il coraggio di fare e di essere ciò che non riusciamo a fare e ad essere noi. Ci ha insegnato che l'alternativa è possibile e sostenibile, era un sogno fatto di carne e sangue e intelligenza vivissima».
Il dolore sfuma in sorrisi pieni di amarezza, impregnati della consapevolezza che Dario «volava perché questo era il suo destino e lo è stato fino alla fine». Un amico di paese, empatico, sorridente, che diventa un segno indelebile nella biografia di tante ragazze e ragazzi: «Sì, rimarrà il simbolo della nostra libertà possibile. Oggi siamo tutti più soli. Ma ci sta regalando, ancora, momenti profondi, intensi, autentici. Questa emozione è così forte da non finire». Perché «Dario continua a volare».
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