L’archivio Botter, memoria di Treviso

Depositati al Museo di Santa Caterina i documenti del “salvatore” di opere d’arte

TREVISO. Cosa sarebbe stata Treviso senza l'opera di Mario Botter? Il volto visibile e invisibile della città rivive oggi alle 17.30 al museo civico di Santa Caterina a Treviso in occasione della presentazione del lavoro di risistemazione dell'archivio di Mario Botter (1896-1978). Una parte del lascito del celebre restauratore e decoratore trevigiano, per volontà degli eredi, è stata depositata nella sede museale. La presentazione pubblica di questo pomeriggio corona la conclusione del progetto di riordino dei materiali promosso dal Rotary Club di Treviso. Un testamento cartaceo, il suo, che rappresenta l’archivio privato più importante del Novecento trevigiano, ha sottolineato Emilio Lippi, dirigente del museo. Centinaia di cartelle e sottocartelle, racchiuse in trenta grossi faldoni ingialliti dal tempo, conservano vivo il lavoro botteriano e documentano i suoi infiniti salvataggi di opere, sculture e architetture. Bozzetti, acquerelli, missive, note di spesa, articoli di giornale, taccuini, fotografie e lucidi costruiscono il suo straordinario e lungimirante “monumento documentale” da ora a disposizione degli studiosi. «Questa operazione di recupero mi riporta alla mente mio padre, la sua onestà e il suo instancabile impegno. Correva armato di bicicletta a proteggere quei luoghi minacciati dalla distruzione e dalla noncuranza di quei tempi. Aveva capito prima degli altri l'importanza della conservazione del nostro passato» ricorda commossa Natalina, figlia del pittore. E così è stato, fin da piccolo, 12 anni appena, Botter affiancò il padre restauratore e decoratore e finì per seguirne le orme. Dapprima si batté contro le distruzioni delle due guerre mondiali, a Treviso in particolare. Da santa caterina a Santa Maria Maggiore a Ca' da Noal, da Palazzo dei Trecento, alla Loggia dei Cavalieri, passando per gli affreschi sotto l'organo e nella sacrestia di San Nicolò, Botter contribuì in modo prezioso alla conservazione di quelli che oggi sono definiti come “beni culturali”. Un’attenzione che sconfinò anche oltre il perimetro cittadino: a villa Barbaro di Maser come a villa Molin a Padova e a villa Emo, sui colli Euganei.

Valentina Calzavara

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova