L'assassino si è bevuto il caffè tra i due brutali omicidi

TREBASELEGHE. Un uomo disperato che si è trasformato in un assassino senza pietà. È l’immagine di Alessandro Lorena, il vicino di casa che a soli 28 anni si è reso responsabile del duplice efferato omicidio di Martino Ferro e Graziella Campello, i coniugi di 80 e 74 anni, originari di Santa Giustina in Colle e di Massanzago trasferitisi a Venegono Inferiore (Varese) negli anni Cinquanta. Lorena ha prima ucciso Martino Ferro nella rimessa, fracassandogli la testa con una mazza da cantiere, poi è salito da Graziella Campello e l’ha strangolata con un cavo elettrico dopo aver bevuto un caffè che la pensionata gli aveva gentilmente offerto, ignara che il giovane avesse già massacrato il marito.
Una sequenza orribile, che ha raccontato lui stesso agli investigatori lasciandoli allibiti. «Dopo» ha detto l’assassino «ho raccattato un centinaio di euro e me ne sono andato». L’omicidio dei due coniugi è stato dunque premeditato con spietata freddezza. Lorena, con trascorsi da tossicodipendente, aveva bisogno disperato di denaro perché era pieno di debiti. I soldi li cercava ovunque. Martedì, il giorno del delitto, ha pensato di andarli a chiedere ai coniugi Ferro, che conosceva bene perché erano stati suoi vicini di casa per parecchio tempo prima che, un paio di anni fa, si sposasse e si trasferisse a Castiglione Olona. L’uomo, infatti, abitava al civico 11 di via delle Vigne, proprio di fronte alla villetta dei Ferro, che è al 10.
Un grosso aiuto alle indagini lo ha fornito un giovane del posto, che ha riferito ai carabinieri di aver visto Lorena aggirarsi nella zona quel tragico pomeriggio. La sua testimonianza ha fatto cadere l’iniziale sospetto sul figlio delle vittime, Dario, che subito dopo la morte dei genitori aveva ricevuto un avviso di garanzia per una serie di accertamenti. Da innocente, ha pure subìto la perquisizione della casa e dell’auto. Poco più tardi i carabinieri hanno convocato in caserma Alessandro Lorena, che inizialmente ha fornito un alibi confuso negando di essere stato sul posto. Ma è bastata mezz’ora d’interrogatorio: sotto l’incalzare delle domande degli inquirenti alla fine è crollato ammettendo le sue responsabilità. È stato sottoposto a fermo come indiziato del delitto. E accusato di duplice omicidio volontario. È stato lui stesso a condurre i carabinieri nel luogo dove aveva gettato la mazza: in mezzo alla vegetazione incolta di un parcheggio della zona industriale del paese.
Gli investigatori vogliono ora capire il perché Lorena aveva bisogno di denaro, così tanto da uccidere due persone con le quali aveva un buon rapporto di vicinato. Bisognerà anche chiarire cos’è accaduto veramente in casa Ferro. Un’ipotesi è che Lorena si sia rivolto a Ferro chiedendo un aiuto. Forse il pensionato si è rifiutato? Oppure gli ha fatto una ramanzina come un bravo nonno? Di sicuro c’è che in quella rimessa Lorena è diventato un assassino senza scrupoli. E se anche questo primo omicidio non fosse stato premeditato, lo è stato certamente il secondo come dimostra il fatto che, con le mani ancora sporche di sangue, il ventottenne ha suonato alla porta della povera Graziella. Che, senza sospettare di avere davanti l’assassino di suo marito, lo ha accolto con la consueta gentilezza e gli ha preparato perfino un caffè.
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