LE MICROSTORIE / Khalid in cerca di normalità

PADOVA. Khalid uno. Bambino irrequieto e intelligente, aveva 10 anni quando lasciò il paese (vicino a Meknès, Marocco), affidato dai genitori a compaesani perché lo portassero in Italia, verso un futuro.
Khalid nessuno. Scomparso tra gli invisibili, diventato ostaggio di quei compaesani che aguzzini erano: lo portarono nelle spiagge di Jesolo dove, con altri bambini, passava i giorni a camminare su e giù tra gli ombrelloni per cercar di vendere asciugamani e tappeti. Sfruttamento nero, maltrattamenti, violenza.
Khalid centomila. Bambini che da soli attraversano mezzo mondo e arrivano qui. Quelli che arrivano. Ché tanti ci lasciano la vita nel viaggio: croci bianche invisibili, senza nome né memoria.
Arrivò 15 anni fa, Khalid bambino di 10 anni. E ne aveva 13 quando fu intercettato dai carabinieri, a Padova, dopo 36 mesi di vita da schiavo: i suoi aguzzini furono processati e lui andò in comunità. Fece l’esame di terza media, le cose andavano ma rabbia e dolore se li portava dentro tatuati. E dopo un po’ iniziarono i problemi, piccoli furti. Denunce. Compì 18 anni e, dopo essere stato ospite di varie strutture, decise con fermezza di entrare in comunità: un gesto di autodeterminazione, io ce la posso fare. «In comunità Khalid si fa voler bene, è onesto, trasparente in quello che ha da dire, nel bene e nel male. E’ orgoglioso, “non abbasserò mai la testa”. Ed è anche irrequieto, vorrebbe arrivare subito ad una vita normale, non ha più pazienza», racconta l’assistente sociale padovana, cinquantenne, che per sette anni ha seguito Khalid; una donna di quelle che fanno la differenza, che mette l’intelligenza del cuore in quello che fa per “i suoi ragazzi”.
La strada pare in discesa, arrivano è vero i problemi con la giustizia di quando era minorenne, tardi ma arrivano: via via si affrontano anche quelli e poi Khalid non è solo, lo accompagnano persone che gli vogliono bene. Addosso ha però un grande peso: quello del permesso di soggiorno che non può ottenere fino a che l’iter con la giustizia non sia terminato. E lui, che non è più l’adolescente senza bussola che era, aspetta con ansia. Finalmente si chiude il conto con la giustizia ma il permesso non arriva. Khalid aspetta. E aspetta. Ma la Questura non lo concede e anche il Tar, ultima spiaggia, dice di no. Ha 23 anni, Khalid, e non vuole tornare in Marocco: «Preferisco sclerare qua». E inizia una vita da clandestino. In febbraio gli arriva un foglio di via dal Veneto, va a Bologna dove si riduce a un clochard e perde i contatti con le persone che, a Padova a Treviso, gli erano amiche. E’ di nuovo solo, come quando era partito bambino dal Marocco. Khalid nessuno. Solo a ricominciare da clandestino. Gli è caduto il mondo addosso.
Il 27 marzo l’hanno trovato impiccato in un giardino a Bologna.
Qualche settimana dopo il reato di clandestinità è stato cancellato dalla legislazione italiana.
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